Monografia di Pascal Laugier. Parte 3- I bambini di Cold Rock

In Analisi film, Cinema, Pascal Laugier, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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Regia: Pascal Laugier.
Soggetto: Pascal Laugier.
Sceneggiatura: Pascal Laugier.
Colonna sonora: Todd Bryanton.
Direttore della fotografia: Kamal Derkaoui.
Montaggio: Sébastien Prangère.
Produttore: Minds Eye Entertainment, Cold Rock Productions BC, Forecast Pictures, Iron Ocean Films, Radar Films, SND Films.
Anno: 2012.
Durata: 106’.
Paese: USA, Canada, Francia.
Interpreti e personaggi: Jessica Biel (Julia Denning), Jodelle Ferland (Jenny), Stephen McHattie (Lieutenant Dodd), William B. Davis (Sheriff Chestnut), Samantha Ferris (Tracy).

In seguito al caso di Martyrs, a Pascal Laugier viene chiamato a Hollywood e gli viene proposto di dirigere un reboot di Hellraiser, il grandissimo film di Clive Barker che con Martyrs aveva in comune la distruzione della carne e del corpo.
Dopo poco tempo però il regista si allontana dal reboot, a quanto pare a causa di divergenze con la produzione, dedicandosi a un progetto molto ambizioso: I bambini di Cold Rock.

Ex cittadina mineraria nella zona nordoccidentale del Pacifico, Cold Rock è abitata da una comunità sconvolta dalle inspiegabili sparizioni dei suoi bambini, svaniti nell’aria senza lasciare la minima traccia. Per alcuni, colpevole delle scomparse sarebbe un non meglio identificato “uomo alto”, tremenda figura che qualcuno giura di aver visto nel bosco al tramonto. Julia Danning, una risoluta infermiera che fa il possibile per tenere uniti i cittadini terrorizzati, reputa la storia una superstizione fino a quando, una sera, non assisterà al rapimento di suo figlio. (da Mymovies)

I bambini di Cold RockIl terzo lungometraggio di Laugier è ambizioso, da molti punti di vista. Innanzitutto il budget si alza da i 2,8 milioni di Martyrs a oltre 18 milioni; in secondo luogo si tratta di una produzione franco-canadese-americana, nonché del primo film del regista girato esclusivamente in inglese, con un’attrice molto conosciuta come Jessica Biel. Tra l’altro è stata proprio l’attrice a voler partecipare al film, dopo aver visto Martyrs che l’aveva colpita ed è grazie a lei che il regista è riuscito ad avere un budget così elevato.
Infine I bambini di Cold Rock è ambizioso per via delle tematiche trattate, all’interno di un prodotto che è stato spacciato ed è stato confuso per il classico horror estivo usa e getta. Ovviamente non è così e si spiega infatti il clamoroso fallimento al boxoffice, con solo 5 milioni di incassi.

Molti dei registi della New French Extremity sono stati presi dalla macchina hollywoodiana, con esiti abbastanza altalenanti. Diversi hanno accettato e sono finiti a girare sequel o remake dii importanti film horror americani. Alex Aja girò nel 2006 il notevole Le colline hanno gli occhi, remake della pellicola di Wes Craven, Alexandre Bustillo e Julien Maury hanno girato l’anno scorso Leatherface, l’ottavo capitolo della saga cominciata da Tobe Hooper con Leatherface. È interessante il fatto che ai registi del nuovo horror francese siano stati proposti progetti derivanti proprio dal nuovo horror americano, a conferma del fatto che i due movimenti hanno molto in comune.
A differenza dei suoi colleghi, Laugier rifiutò di girare Hellraiser o qualsiasi altro progetto propostogli ad Hollywood perché non si trovava a suo agio con gli horror fatti con lo stampino a cui ci hanno abituati, preferendo invece dedicarsi a un progetto suo che già aveva in mente da prima di Martyrs e che non era riuscito a realizzare prima per via del budget elevato[1].

Il risultato è ancora una volta un’opera spiazzante e di difficile collocazione. A Laugier piace sorprendere lo spettatore, dandogli ogni volta qualcosa di diverso.
I fan di Martyrs sono rimasti in gran parte delusi, aspettandosi la stessa violenza estrema e le stesse atmosfere sporche che qui invece sono assenti.
È difficile inserire I bambini di Cold Rock all’interno di un genere preciso. Parte come un horror con il classico “uomo nero” che rapisce i bambini, poco dopo prende una direzione diversa, abbandonando il paranormale per diventare un thriller che può ricordare le atmosfere polanskiane di Rosemary’s Baby e L’inquilino del terzo piano, per poi cambiare ancora strada diventando un dramma che riesce a instillare nello spettatore dei quesiti importanti.

I bambini di Cold RockNonostante la diversità rispetto ai film precedenti, possiamo subito riconoscere alcuni dei temi e dei tratti stilistici tipici di Laugier.
Ancora una volta il regista gioca coi generi (in un modo simile a quello di Shyamalan), ponendosi sul confine tra storia realistica ed elementi paranormali, tendendo alla fine sempre verso la prima parte.
In questo caso la storia dell’Uomo Alto che rapisce i bambini nasce dall’ignoranza della gente che abita Cold Rock, un paesino di provincia isolato dal mondo moderno, che sembra essere rimasto fermo al Far West.
La storia dell’Uomo Alto nasce inoltre per tentare di non guardare in faccia la realtà, ovvero che i bambini a Cold Rock non hanno un futuro, li aspetta un mondo dominato dalla violenza e dalla legge del più forte.

Come nei due film precedenti di Laugier, i bambini sono centrali, sono creature pure e indifese, le vere vittime del mondo in cui vivono. È ben chiaro a riguardo il finale del film che non si accontenta di dare risposte semplici, lasciando allo spettatore la parola finale. È comprensibile il fatto che Julia voglia “salvare” i bambini di Cold Rock, portandoli altrove in modo che possano avere un futuro diverso da quello che li spetterebbe se rimanessero nello sventurato paesino di provincia. D’altra parte però si tratta di togliere ai bambini i loro veri genitori e viceversa di privare i genitori di crescere i propri figli.
Il regista non dà una risposta semplice: non fa passare Julia per un mostro, anzi ci fa stare dalla sua parte, ma allo stesso tempo, grazie al personaggio di Jenny, una ragazzina muta per scelta, che comunica solo scrivendo. Nonostante sia muta, è lei paradossalmente la narratrice della storia e sarà lei a dire l’ultima parola sui fatti raccontati, facendoci capire quanto sia sottile il confine tra giusto e sbagliato e quanto sia facile invece puntare il dito contro qualcuno e accusarlo di essere un mostro.
Laugier lo capisce alla perfezione e infatti fa cascare lo spettatore nel suo tranello, facendo prima passare tutti gli abitanti del paese per una sorta di setta che rapisce bambini, per poi far scoprire che in realtà è Julia (aiutata da suo marito, ufficialmente morto) il “mostro” che tutti stanno cercando.

I bambini di Cold RockTorna inoltre l’odio verso un certo mondo borghese, già esplicitato dal regista in Martyrs. Anche in questo caso sono persone molto abbienti a commissionare i rapimenti dei bambini, per poi accudirli e farli crescere nel loro mondo, secondo le loro regole. Pensando, dall’alto, di fare del bene sottraendo i bambini alle persone più umili, dimostrano, proprio come in Martyrs, di essere così arroganti da permettersi di prendere delle scelte che non spetterebbero a loro.

I bambini di Cold Rock è un film incompreso e sottovalutato, qualcosa di diverso e unico nel panorama cinematografico contemporaneo che la critica non è riuscita a capire, liquidandolo come un thriller-horror da quattro soldi. Diverso perché rifugge facili cliché, così come l’appartenenza a categorie e generi prestabiliti. I bambini di Cold Rock è un film coraggioso, che ha fatto pagare a Laugier il prezzo di voler restare fuori dagli schemi. Infatti gli ci sono voluti sei anni per realizzare il suo ultimo film: Ghostland.

 

La monografia continua nella quarta parte…

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

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Note:

[1] https://www.youtube.com/watch?v=FH0O9tDuJtc