BIOGRAFIA
Pascal Laugier nacque il 16 ottobre 1971 in Francia e si appassionò velocemente all’horror, con i film americani e italiani degli anni ’70 che saranno sempre per lui una fonte d’ispirazione. Nel 1993 realizzò il suo primo cortometraggio. Nel 2001, dopo averlo notato per i suoi cortometraggi, il regista Christophe Gans gli diede l’opportunità di girare i due documentari sul suo film Il patto dei lupi, nel quale per altro Laugier ha anche recitato.
Nel 2004 realizzò il suo primo lungometraggio, Saint Ange, prodotto proprio da Christophe Gans.
È però del 2008 il suo film più famoso, Martyrs, diventato col tempo un film di culto, anche a causa degli scandali che ha suscitato.
Diventato ormai un regista abbastanza conosciuto, nel 2012 realizzò il suo primo (e per ora unico) film di produzione in parte americana, I bambini di Cold Rock.
È recentemente uscito il suo ultimo lungometraggio, Ghstland, produzione franco-canadese.
Laugier è senza dubbio uno dei registi più interessanti tra quelli del New French Extremity, movimento cinematografico francese nato nella seconda metà degli anni ’90, dentro al quale ha avuto un ruolo di spicco il genere horror grazie a registi come Alexandre Aja, Xavier Gens, Julien Maury e Alexandre Bustillo e altri.
FILMOGRAFIA
-Tête de citroulle, 1993 (cortometraggio)
-Il patto dei lupi- Les entrailles de la bête, 2001 (documentario)
-Il patto dei lupi- Les coulisses du tournage, 2001 (documentario)
-4ème sous sol, 2001 (cortometraggio)
–Saint Ange, 2004
–Martyrs, 2008
–I bambini di Cold Rock, 2012
-Black Widow, 2012 (episodio della serie TV XIII: The Series)
-Mylène Farmer: City of love, 2015 (video musicale)
–Ghostland, 2018
Regia: Pascal Laugier.
Soggetto: Pascal Laugier.
Sceneggiatura: Pascal Laugier.
Colonna sonora: Joseph LoDuca.
Direttore della fotografia: Pablo Rosso.
Montaggio: Sébastien Prangère.
Produttore: Castel Film Romania, Eskwad, France 3 Cinéma, H Factory.
Anno: 2004.
Durata: 98’.
Paese: Francia.
Interpreti e personaggi: Virginie Ledoyen (Anna Jurin), Lou Doillon (Judith), Catriona MacColl (Francard), Ilinca (Dorina Lazar).
Saint Ange è un orfanotrofio sperduto in mezzo alle Alpi francesi. Qui viene mandata a lavorare come donna delle pulizie la silenziosa Anna (Virginie Le-doyen). Gli unici rimasti nell’edificio, pieno di stanze e corridoi vuoti, sono un’orfana (Lou Doilbon) e la cuoca (Donna Lazar), che inizia a preoccuparsi quando Anna le rivela di udire voci e passi di bambini. (Da Mymovies)
Chi ha conosciuto Laugier con Martyrs potrebbe rimanere spiazzato dal suo film d’esordio. La violenza estrema del film che ha fatto conoscere il regista francese in tutto il mondo è qui completamente assente; anche stilisticamente Sainte Ange è molto meno sporco, più elegante ed estetizzante, seppure non patinato.
Nonostante le molte differenze che risaltano a prima vista, nell’esordio di Laugier sono presenti molti dei temi e dei tratti stilistici che caratterizzeranno tutta la sua filmografia, da Martyrs a Ghostland.
Per prima cosa va fatto notare un elemento che distingue subito Laugier dagli altri registi del New Horror francese a cui viene spesso accostato. Come è stato giustamente fatto notare questo movimento cinematografico ha riportato in auge una tipologia di horror che ricorda molto il New Horror americano degli anni ’70. Film violenti, estremi ma soprattutto dal forte contenuto politico e sociale.
Una delle principali caratteristiche di film come The Texas Chainsaw Massacre o L’ultima casa a sinistra era la collocazione spazio-temporale delle storie: non più i castelli gotici degli horror della Universal, non più un passato remoto ma l’America contemporanea.
Si può dire lo stesso di film come Frontier(s), Inside, Horde, in cui la collocazione spazio-temporale è ben chiara e i rimandi alla situazione politico-sociale francese contemporanea sono palesi.
Laugier si pone fin dal principio in controtendenza rispetto ai suoi colleghi, ambientando Sainte Ange negli anni ’50, in un luogo sperduto in mezzo alle Alpi.
Il luogo perfetto per una ghost story, un horror gotico “classico”. E in effetti il regista prende proprio quella direzione, ispirandosi agli horror gotici classici, filtrati attraverso i film di Fulci, Bava e Argento, suoi punti di riferimento inconfondibili, specialmente Argento a cui Laugier ha addirittura dedicato Martyrs.
Il regista non è in questo caso interessato alla critica della Francia contemporanea ma ad analizzare la psicologia della protagonista, Anna, vittima di uno stupro nel quale è rimasta incinta.
Non viene mai detto esplicitamente nel corso del film ma si capisce che è tormentata dai sensi di colpa e da questa gravidanza non voluta, che cerca di nascondere agli altri personaggi.
Troverà un appoggio in Judith, un’orfana con problemi mentali che in realtà sa più di quel che sembra sugli strani fatti che avvengono nell’orfanotrofio.
Vediamo così come fin dal primo film del regista abbia al centro il rapporto tra due donne in una situazione estrema, cosa che ritornerà in Martyrs e in Ghostland, così come la centralità dei bambini, sempre vittima di abusi e violenze.
Nonostante Saint Ange sia più ambiguo a riguardo, rispetto alle altre opere di Laugier, è interessante notare come si mescolino il piano del reale e quello del soprannaturale, visto come un modo per scappare da una realtà troppo crudele per essere accettata.
Saint Ange è più ambiguo, da questo punto di vista, perché lascia il dubbio allo spettatore, evitando di dare una spiegazione precisa. Si può pensare che sia tutto un delirio della protagonista, devastata psicologicamente dallo stupro o che le presenze dei bambini siano reali e che l’orfanotrofio sia infestato.
Ciò che non cambia rispetto agli altri film è però il fatto che il mondo del soprannaturale e della fantasia si apre a chi ha sofferto così tanto da estraniarsi dal mondo reale, tema che diventerà centrare il Martyrs.
Bisogna inoltre considerare che in questo caso sono sempre presenti gli spettri della seconda guerra mondiale, del nazismo e dei campi di concentramento. I “bambini cattivi” di cui parlano i personaggi non sono altro che dei bambini arrivati nell’orfanotrofio durante il periodo della guerra e, nonostante anche in questo caso non venga mai esplicitato, è chiara l’allusione ai campi di concentramento, da cui potrebbero potrebbero provenire. Andando avanti con il film viene addirittura insinuato il dubbio che l’orfanotrofio fosse una copertura per una sorta di laboratorio in cui avvenivano esperimenti come quelli che i nazisti hanno notoriamente svolto nei campi di concentramento.
La scena in cui la protagonista scende nei sotterranei dell’orfanotrofio con l’ascensore è una vera e propria discesa negli inferi che, diversamente da quanto ci si aspetterebbe, sono completamente bianchi, asettici e per questo ancora più inquietanti. L’ascensore è, come gli specchi nel corso del film, una zona liminare che divide e collega i due mondi, quello reale e quello soprannaturale.
La contaminazione tra storia, fiaba e orrore non può che riportarci a Guillermo del Toro e in particolare a La spina del diavolo, Il labirinto del Fauno e The shape of water, film coi quali Saint Ange condivide molti aspetti, in particolare con il primo e volendo anche con Crimson Peak, anch’essi delle ghost story in cui i fantasmi spaventano ma non sono cattivi, bensì vittime. Nei casi di La spina del diavolo e di Saint Ange sono vittime della guerra, delle violenze inflitte da due dei regimi dittatoriali più terribili del Novecento.
Nel criptico finale, la protagonista riuscirà forse a trovare la pace, un posto dove stare, diventando una specie di tutrice per i “bambini cattivi”.
Dal punto di vista tecnico, Laugier dimostra di essere molto abile e sorprende che questo sia il suo primo lungometraggio. Come già sottolineato, stilisticamente Saint Ange è molto diverso da Matyrs.
Laugier privilegia qui dei movimenti di macchina fluidi, delle carrellate che attraversano lentamente le inquietanti ambientazioni. Importantissimo è l’uso del sonoro, attraverso il quale vengono gestiti tutti i fenomeni paranormali, con l’eccezione della parte finale in cui le presenze diventano anche visibili.
Notevole è anche la colonna sonora molto più fiabesca e da fantasy che da horror, di Joseph LoDuca, autore, tra le altre cose, delle musiche di La casa 1 e 2 di Sam Raimi.
Fondamentale poi è il montaggio di Sébastien Prangère, che Laugier ha preso direttamente da Il patto dei lupi di Christophe Gans e che si porterà dietro fino a I bambini di Cold Rock. Prangère è in grado di creare delle situazioni estremamente suggestive attraverso delle soluzioni di montaggio sempre sorprendenti, una su tutte la scena in cui una lampada che continua a spendersi e accendersi funge da raccordo tra due scene diverse.
Per concludere, Saint Ange è un esordio notevole, purtroppo molto sottovalutato e liquidato come una storia di fantasmi qualsiasi. In realtà sono già presenti i temi centrali della filmografia di Laugier, così come una cura stilistica difficile da trovare negli horror odierni. Molti hanno sottolineato la somiglianza della pellicola ad altri celebri horror quali The Others, La spina del diavolo, Fragile- A Ghost Story e The Orphanage. Senza dubbio è vero ma Saint Ange riesce ad avere una sua personalità, distinguendosi dagli altri senza risultare una mera copia.
Il film non ottenne un grande successo al box office ma nonostante ciò, con l’aiuto della casa di produzione Canal+, Laugier riuscì a girare il suo secondo lungometraggio: Martyrs.
La monografia continua nella seconda parte…
Scritto da: Tomàs Avila.
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