Monografia di Denis Villeneuve. Parte 3

In Denis Villeneuve, Monografie, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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FILMOGRAFIA

REW-FFWD (cortometraggio, documentario), 1994 
Cosmos (segmento “Technétium, Le”), 1996 
Un 32 aout sur terre, 1998 
Maelstrom, 2000 
120 Seconds to Get Elected (cortometraggio), 2006 
Happiness Bound (segmento),  2007 
Next Floor (cortometraggio), 2008 
Polytechnique, 2009 
La donna che canta, 2010 
Rated R for Nudity (cortometraggio), 2011 
Etude empirique sur l’influence du son sur la persistance rétinienne(cortometraggio), 2011 
Enemy, 2013
Prisoners, 2013
Sicario, 2015
Arrival, 2016
Blade Runner 2049, 2017

 

PRISONERS  

Prisoners
Regia
: Denis Villeneuve.
Soggetto: Aaron Guzikowski.
Sceneggiatura: Aaron Guzikowski.
Musiche: Johann Johannsson.
Direttore della fotografia: Roger Deakins.
Produttore: Kira Davis, Broderick Johnson, Adam Kolbrenner, Andrew A. Kosove, Stephen Levinson, Edward McDonnell, Robyn Meisinger, john H. Starke, Mark Wahlberg, Steven P. Wegner.
Anno: 2013.
Durata: 153’.
Paese: USA.
Interpreti e personaggi: Hugh Jackman (Keller Dover), Jake Gyllenhaal (detective Loki), Viola Davis (Nancy Birch), Maria Bello (Grace Dover), Terrence Howard (Franklin Birch), Melissa Leo (Holly Jones), Paul Dano (Alex Jones), Dylan Minnette (Ralph Dover).

Durante la realizzazione di Enemy, Villeneuve ha proposto a Jake Gyllenhaal di partecipare al suo prossimo progetto: un thriller intitolato Prisoners. Il film ha avuto una storia travagliata tra cambi di regia (inizialmente avrebbe dovuto occuparsene Bryan Singer[1] ed in seguito Antoine Fuqua[2]) e di cast (erano in ballo nomi importanti come Mark Wahlberg[3], Christian Bale[4] ed in seguito Leonardo DiCaprio[5]).
PrisonersInfine il progetto è passato nelle mani di Villeneuve, al suo primo film hollywoodiano, e il cast è diventato stabile.

Nella (apparentemente) tranquilla provincia americana due bambine di sei e sette anni, Anna ed Eliza, escono a giocare insieme e svaniscono senza lasciare traccia. I genitori, fra di loro amici, reagiscono nei modi più disparati (e disperati): Keller, il padre della piccola Anna, comincia una caccia all’uomo senza esclusione di colpi, mentre sua moglie Grace si imbottisce di psicofarmaci per attutire il dolore e lo sgomento; Franklin, il padre di Eliza, cerca di non farsi travolgere dalla sete di giustizia di Keller, la moglie Nancy invece pare disposta ad appoggiarne i modi estremi.
Il detective Loki avvia le sue indagini fra intoppi burocratici e depistaggi, e comincia a chiedersi di chi sospettare, dato che anche il comportamento di Keller si fa sempre più equivoco.  (da Mymovies)

Arrivato al suo quinto lungometraggio, il regista canadese raggiunge una delle vette della sua (per ora) breve carriera. Prisoners è un film importante, uno dei migliori thriller che si siano visti da diversi anni a questa parte. PrisonersSorprende da questo punto di vista il fatto che sia una produzione hollywoodiana multimilionaria (il budget si aggira intorno ai 46 milioni di dollari).
Per Villeneuve deve essere stata una grande prova il passare alle dinamiche hollywoodiane, il dover gestire un progetto così grande e costoso ma c’è da dire che ne è uscito fuori a testa alta. Come ha specificato lui stesso, ha avuto il final cut della pellicola e ha potuto fare come ha voleva. Non ci sono stati problemi con la produzione, nonostante i temi trattati dal film siano decisamente delicati. Il fatto che la produzione non abbia interferito si nota perché siamo davanti a uno dei pochi thriller americani mainstream che abbiano avuto il coraggio di raccontare qualcosa di scomodo negli ultimi anni. È un film che osa, a partire dai 150 minuti di durata che però scorrono via senza nemmeno accorgersene, grazie all’ottima sceneggiatura di Aaron Guzikowski[6] e alla regia di Villeneuve.

Il rapimento delle due bambine permette di sviluppare la trama in modo da affrontare diversi temi.
PrisonersIl film è incentrato sulle conseguenze che una situazione del genere può avere sulle persone che la vivono. Vediamo diverse reazioni ma quella che in particolare ci interessa, e interessa il regista, è quella del personaggio interpretato da Hugh Jackman[7].
Keller è il classico “uomo che non deve chiedere mai”, uno pronto a qualsiasi evenienza. Basti pensare alla sua cantina che sembra una sorta di bunker, come se si stesse preparando ad una prossima apocalisse. È devoto alla sua famiglia, tanto da non pensarci due volte nel rapire e torturare il presunto responsabile della scomparsa di sua figlia. Dopo innumerevoli torture inflitte allo sventurato (sempre fuori campo), lo spettatore capisce che è tutto inutile. E probabilmente lo capisce anche Keller, anche se non lo vuole ammettere. Il tema della giustizia privata viene affrontato prendendo una posizione decisa: è sbagliato reagire con la violenza. Alla fine le torture di Keller sembrano più che altro essere un suo modo per sfogare la tristezza e la sensazione di impotenza davanti a qualcosa che sfugge al suo controllo. Dopo tutto ciò che ha fatto per scoprire dove si trova sua figlia, l’unica informazione utile la avrà dall’altra bambina scomparsa (e poi ritrovata in mezzo a una strada), non dal presunto colpevole.

PrisonersIl detective Loki invece, interpretato da Jake Gyllenhaal[8], riesce quasi sempre a non farsi prendere dalle emozioni, mantenendo la lucidità. Sarà lui infatti a riuscire ad unire tutti i pezzi del puzzle, arrivando alla soluzione. È molto bello il rapporto conflittuale tra Loki e Keller che si sviluppa durante tutto il film. Il detective cerca di restare entro i limiti della legalità e intuisce che Keller non sta facendo lo stesso. Alla fine avrà modo di capire il motivo dei suoi strani comportamenti.

In secondo luogo, la singola vicenda raccontata sembra rimandare a molte altre. Il discorso si estende a tutta la provincia americana ed è qui che il film si fa più interessante. Sotto alla tranquilla facciata di benessere e normalità si nasconde un mondo malato. Sono diversi i simboli utilizzati, in particolare il labirinto e il serpente. Il male striscia nel sottosuolo pronto a colpire e tutti sembrano avere i propri scheletri nell’armadio. Molto interessante è la motivazione che ha spinto i veri responsabili dei rapimenti a fare ciò che hanno fatto. In seguito alla morte del figlio, i due coniugi hanno perso la fede e hanno intrapreso una vera e propria battaglia contro a Dio, rapendo bambini e cercando far perdere la speranza a molte persone.
Anche il personaggio del prete fa pensare. È passato dalla parte del male ma a fin di bene, uccidendo uno dei due rapitori dopo aver saputo tutto ciò che aveva fatto.
PrisonersInsomma la violenza sembra permeare la società rappresentata nel film, dai rapitori a Keller, passando per il prete.

Riguardo al comparto tecnico c’è poco da dire. Il livello è altissimo, dalla fotografia di Roger Deakins[9] (storico collaboratore dei fratelli Coen[10]), ai montatori Gary Roach[11] e Joel Cox[12] ( fedeli collaboratori di Clint Eastwood[13], regista a cui, per molti, si è ispirato Villenuve nel realizzare Prisoners) arrivando alla regia di Villeneuve, bravo a girare qualsiasi scena, sia quelle d’azione che quelle più drammatiche. Anche l’ottimo cast da il meglio di se. Hugh Jackman non è mai stato più in parte, Gyllenhaal è sempre strepitoso ma anche gli attori secondari offrono ottime interpretazioni.
Le due ore scorrono via tra continui colpi di scena e ribaltamenti di prospettive, nonostante l’atmosfera opprimente che domina il film. Fino ad arrivare al bellissimo finale che lascia il dubbio su come la storia si risolverà.

Uno dei principali punti di forza di Prisoners è l’assenza di una netta distinzione tra chiaro e scuro, tra male e bene. Questa è sempre una cosa positiva che, purtroppo, si vede sempre meno spesso ad Hollywood. Villeneuve (grazie anche alla sceneggiatura di Guzikowski) però non rinuncia a fare ciò che vuole, fino in fondo, al costo di mettere in scena qualcosa di scomodo. Realizza un thriller veramente cupo e spietato dall’inizio alla fine, in cui i personaggi non sono delle macchiette ma persone vere. PrisonersUn film denso di significato che non può lasciare indifferente lo spettatore, facendolo pensare anche molto dopo la visione.
È questo il punto di forza del regista canadese. In molti temevano che, una volta passato alle grandi produzioni, si sarebbe perso nelle dinamiche hollywoodiane. Così non è stato, anzi a parer mio i migliori risultati li ha ottenuti in questa parte della sua carriera. Si è avvicinato al cinema di genere, dal thriller con Prisoners all’azione con Sicario, fino ad arrivare alla fantascienza di The Arrival e del futuro sequel di Blade Runner. Nell’iniziare a fare cinema di genere però non ha rinunciato a metterci del suo, la sua visione del mondo, e a trattare tematiche serie. Il risultato è un perfetto connubio tra intrattenimento e impegno, qualcosa che purtroppo si vede sempre meno spesso.
Per questo motivo e per molti altri (cura della messa in scena, durata esagerata, la violenza e via dicendo) per me Prisoners è molto vicino ai migliori thriller coreani, ovviamente traslato in un contesto americano.
E questo non può che fare piacere.

 

 

SICARIO 

SicarioRegia: Denis Villeneuve.
Soggetto: Taylor Sheridan.
Sceneggiatura: Taylor Sheridan.
Musiche: Jòhann Jòhannsson.
Direttore della fotografia: Roger Deakins.
Produttore: Basil Iwanyk, Erica Lee, Thad Luckinbill, Trent Luckinbill, Edward McDonnel, Emma McGill, Stacy Perskie, Ellen H. Schwartz, Molly Smith, John H. Starke.
Anno: 2015.
Durata: 121’.
Paese: USA.
Interpreti e personaggi: Emily Blunt (Kate Macer), Benicio Del Toro (Alejandro), Josh Brolin (Matt Graver), Victor Garber (Dave Jennings), Jon Bernthal (Ted), Daniel Kaluuya (Reggie Wayne).

Si arriva così all’ultimo lungometraggio del regista. Anche questa volta produzione americana, anche se con un budget inferiore che si aggira intorno ai 30 milioni di dollari. Villeneuve decide di continuare con il cinema di genere, questa volta con più azione, dandoci la sua personale visione e confermando ciò che aveva già fatto con Prisoners.

Un’imboscata dell’ FBI rivela molto piu’ di quanto era previsto: lo spettacolo orripilante di decine di cadaveri nascosti nei muri e con la testa sigillata in sacchetti di plastica. SicarioPer allargare la squadra che va a caccia dei mandanti di quel massacro la CIA arruola Kate, la giovane agente dell’FBI che ha partecipato all’imboscata rivelatrice, anche se lei è un’esperta di rapimenti mentre la squadra combatte da tempo contro il cartello messicano della droga. È l’inizio di una discesa agli inferi che coinvolgerà tutti i servizi segreti statunitensi (e la coscienza di un Paese) disposti a trasgredire ogni regola e a sacrificare ogni parvenza di umanità pur di mantenere il controllo (ma senza alcuna volontà di debellare il Male). (da mymovies).

Al secondo film hollywoodiano, anche questo con un cast di volti ben noti, il regista riesce a mantenere inalterato il suo modo di fare cinema, senza soccombere sotto il peso delle Major. Già questo basterebbe per rendere “Sicario” meritevole di una visione. È un film duro, molto crudo, che porta avanti il discorso critico nei confronti dell’America, iniziato con Prisoners. Nel film precedente Villeneuve era più interessato a denunciare una società fondata sulla violenza, questa volta sposta il bersaglio della sua critica andando a colpire il modo in cui l’America gestisce situazioni come quella dei cartelli colombiani e del narcotraffico.
SicarioTutto ciò a cui assistiamo, lo vediamo dal punto di vista di Kate, agente dell’FBI che ha sempre lavorato entro il confine americano ed è completamente all’oscuro di come operi la nuova task force in cui viene arruolata.
Crede fermamente che bisogna agire entro i limiti della legalità ma è cosciente del fatto che col suo lavoro non riesce neanche a scalfire la superficie della criminalità organizzata, limitandosi a colpire i pesci piccoli.
Come scopriremo in breve tempo, la squadra di cui entra a far parte non si fa problemi di questo tipo.
Per Kate è una vera discesa negli inferi che la porta a scoprire come si svolgono le operazioni che riescono veramente a fare la differenza e quali sono i metodi utilizzati dal suo paese. Col passare del tempo, ogni sua certezza verrà demolita e, nonostante Kate cerchi di opporsi a questo meccanismo, verrà risucchiata anche lei, in un finale totalmente privo di speranza.
Sono molte le questioni poste da Villeneuve e dallo sceneggiatore Taylor Sheridan[14], per primo il classico interrogativo: i fini giustificano i mezzi?
Anche in Prisoners lo spettatore era portato a chiederselo ma in “Sicario” l’argomento viene declinato in maniera diversa. SicarioSi passa dalla vendetta privata di un padre a cui hanno rapito la figlia, ai metodi utilizzati da un’intera nazione. L’obiettivo da raggiungere, almeno inizialmente, sembra lodevole: eliminare i cartelli.
Ma i modi in cui opera questa squadra interdipartimentale sono giustificabili? Si parla di creare scompiglio per mettere i boss in situazioni difficili, in cui è più facile che sbaglino, sapendo che ciò porterà però ad un incremento degli scontri e dei morti. Si parla di torture, come il waterboarding, per estorcere informazioni, tema che è sempre stato scottante in America, basti pensare a Guantanamo.
Se già all’inizio i dubbi sono tanti, la situazione si complica via via fino a quando si scopre qual è il vero obiettivo della task force e chi è realmente Alejandro, il misterioso consulente interpretato da Benicio del Toro[15].
È qui che la denuncia si fa più dura: l’obiettivo non è quello di eliminare tutti i cartelli ma il cercare di creare una situazione di stabilità, mantenendone in vita soltanto uno. SicarioCome dice il personaggio interpretato da Josh Brolin, fino a quando una grande parte della popolazione farà uso di droghe, queste situazioni non cesseranno e sarà impensabile eliminare completamente i cartelli. L’unica cosa a cui si può aspirare è tenerne in vita solo uno, rendendo la situazione più facile da controllare. E per raggiungere l’obiettivo (eliminare il boss di un cartello) scopriamo che la task force collabora con il cartello avversario.
Si scopre così per chi realmente lavora Alejandro, il Sicario del titolo, personaggio ambiguo che ha un personale obiettivo, una vendetta da portare a termine, e che per ottenere ciò che vuole collabora con tutti coloro che lo possono aiutare. Senza distinzione tra malavita o CIA.

Il personaggio di Alejandro è opposto a quello di Kate. Mentre lei vuole veramente migliorare la situazione senza azioni fuori dalla legalità (anche se poi sarà costretta ad andare contro a ciò che crede), lui è spinto da motivazioni personali. Sua moglie e sua figlia sono state uccise dal boss a cui stanno dando la caccia e lui è interessato soltanto ad ucciderlo. È un personaggio ambiguo e non si capisce fino in fondo se agisce solo per vendicarsi o anche perché crede in ciò che fa.
Nonostante le evidente differenze tra Alejandro e Kate, si instaura tra loro un rapporto molto particolare. In un certo senso Alejandro si affeziona a lei perché gli ricorda sua figlia, anche se resterà sempre determinato in ciò che fa, senza impietosirsi.
SicarioKate invece ha sentimenti contrastanti nei suoi confronti, lo rispetta e allo stesso tempo lo odia, specialmente nel finale in cui la obbliga a firmare un documento che garantisce la legalità dell’operazione.

Molto interessante è anche la sottotrama del poliziotto messicano corrotto. Durante il film vediamo delle scene in cui è rappresentata la sua vita quotidiana, apparentemente distaccata dal resto della storia.
Solo nell’ultima parte le due linee narrative convergono. Scopriamo che il poliziotto è corrotto e sfortunatamente si trova proprio nel tunnel dove si sta svolgendo l’operazione della task force.
Alejandro se ne serve per raggiungere i suoi scopi e poi lo uccide. Il film si chiude sul figlio del poliziotto che gioca a calcio, mentre la madre lo guarda. La partita si interrompe improvvisamente perché si sentono degli spari e poi riprende come non fosse successo niente. Questa sottotrama apparentemente poco importante, è in realtà fondamentale. Kate e il personaggio interpretato da Josh Brolin[16] rappresentano due modi opposti di operare, Alejandro è colui che agisce mosso da motivazioni personali.

Sicario

Il poliziotto rappresenta invece la vittima di tutto il complicato meccanismo messo in scena. Lui, o meglio ancora la sua famiglia, rappresenta chi realmente (e ingiustamente) ci rimette in tutta la storia.

Tecnicamente il film è ineccepibile. La fotografia di giorno è dominata da luci bianchissime, come Villeneuve ha specificato, cercavano di riprodurre nel modo più realistico possibile l’atmosfera soleggiata dei luoghi in cui si svolge la vicenda. Riguardo alla regia, è probabilmente in “Sicario” che Villeneuve riesce a dare il meglio di se tra sequenze di azione strepitose, i campi lunghi e lunghissimi dominati dal deserto, le riprese aeree e la sequenza finale dell’operazione nel tunnel in cui si alternano i punti di vista dei soldati (con visori notturni) e punti di vista esterni. Il regista è anche bravo nell’uso del fuori campo, sceglie attentamente cosa mostrare e cosa no (come nella scena della tortura o nella resa dei conti finale tra Alejandro e il boss del cartello). Gli attori sono tutti meritevoli, in particolare Del Toro, il cui personaggio sembra essere stato pensato apposta per lui.
Molto efficace è anche la colonna sonora, usata alla perfezione in alcune scene in modo da far aumentare la tensione.

Insomma, Sicario è un grande film sotto ogni punto di vista. SicarioLa cosa sorprendente è che funziona benissimo come film d’intrattenimento di azione, come Prisoners funzionava in quanto thriller, senza rinunciare a interessanti spunti di riflessione. Villeneuve si riconferma uno dei più grandi registi post 2000.

A breve uscirà The Arrival, il nuovo lungometraggio di Villeneuve che questa volta si è cimentato con la fantascienza. È già stato presentato a Venezia e i pareri di chi lo ha visto sono assolutamente positivi.

È stato inoltre scelto per girare il sequel di Blade Runner, prodotto da Ridley Scott e interpretato da Ryan Gosling[17] e Jared Leto[18]. È uno dei pochi trai vari remake/sequel/reboot che potrebbe avere un senso, specialmente se nelle mani di un regista che si è dimostrato abilissimo nel girare qualsiasi tipo di film.

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

Note:

[1] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0001741/?ref_=nv_sr_1 .

[2] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0298807/?ref_=nv_sr_1 .

[3] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000242/?ref_=nv_sr_1 .

[4] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000288/?ref_=nv_sr_1 .

[5] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000138/?ref_=nv_sr_3 .

[6] Link IMDB dello sceneggiatore: http://www.imdb.com/name/nm3360706/?ref_=nv_sr_1 .

[7] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0413168/?ref_=ttfc_fc_cl_t1 .

[8] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0350453/?ref_=ttfc_fc_cl_t2 .

[9] Link IMDB del direttore della fotografia: http://www.imdb.com/name/nm0005683/?ref_=ttfc_fc_cr13 .

[10] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0001054/?ref_=nv_sr_1 .

[11] Link IMDB del montatore: http://www.imdb.com/name/nm0730013/?ref_=ttfc_fc_cr15 .

[12] Link IMDB del montatore: http://www.imdb.com/name/nm0185088/?ref_=ttfc_fc_cr14 .

[13] Link IMDB del regista e attore: http://www.imdb.com/name/nm0000142/?ref_=nv_sr_1 .

[14] Link IMDB dello sceneggiatore: http://www.imdb.com/name/nm0792263/?ref_=nv_sr_1 .

[15] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0001125/?ref_=nv_sr_1 .

[16] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000982/?ref_=nv_sr_2 .

[17] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0331516/?ref_=nv_sr_1 .

[18] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0001467/?ref_=nv_sr_1 .