Prima di cominciare avviso i lettori che, come in tutte le altre monografie del sito, sono presenti molti spoiler, necessari per analizzare al meglio i film presi in considerazione.
FILMOGRAFIA
–The Quiet Family, 1998
–The Foul King , 2000
–Coming Out , 2001 (cortometraggio)
–Three (segmento “Memories”), 2002
–Two Sisters, 2003
–A Bittersweet Life, 2005
–The Good, The Bad, The Weird, 2008
–I Saw The Devil, 2010
–60 Seconds of Solitude in Year Zero, 2011
-Doomsday Book (segmento “Heaven’s Creation”), 2012
–The Last Stand, 2013
-One Perfect Day, 2013 (video short)
–The X, 2013 (cortometraggio)
-The Age of Shadows, 2016 (post produzione)
Regia: Kim Jee-woon.
Soggetto: Park Hoon-jung.
Sceneggiatura: Park Hoon-jung, Kim Jee-woon.
Musiche: Mwog.
Direttore della fotografia: Mo-gae Lee.
Anno: 2010.
Durata:141′.
Paese: Corea del Sud.
Interpreti e personaggi: Byung-hun Lee (Kim Soo.hyeon), Min-sik Choi (Kyung-chul), In-seo Kim (Se-jung).
Uno dei pregi incontestabili di Kim Jee-woon, oltre alla strepitosa abilità tecnica, è il fatto di cambiare genere film dopo film ispirandosi a ciò che c’è stato prima di lui, offrendo però una visione molto personale. E così, dopo averci detto la sua sull’horror, il noir, la commedia e il western approda con il suo sesto lungometraggio ad uno dei filoni principali del cinema coreano degli ultimi anni: il revenge movie.
Partiamo dal fatto che riguardo al tema della vendetta è stato già detto praticamente tutto, in particolare da Park Chan Wook[1] (nome che torna spesso in queste recensioni, perché imprescindibile) la cui trilogia è diventata ormai un modello per chiunque si avvicini all’argomento.
Kim Jee-woon ne è cosciente, come lo è del fatto che l’annullamento del whodunit si è già visto, per restare tra i connazionali, con lo splendido “The Chaser”[2] del 2008.
Insomma, un’altra volta il regista coreano decide di approcciarsi ad un genere già ampiamente sviscerato e anche in questo caso riesce a fare centro.
Ecco la trama in breve: dopo aver vissuto in diretta telefonica la morte della fidanzata per mano di un serial killer, un agente speciale si scatena in una caccia all’assassino senza esclusione di colpi, con l’intento di infliggergli le stesse sofferenze subite da troppe vittime innocenti.
“I saw the devil” rappresenta uno degli apici della carriera del regista, un film potente, truculento e pessimista come pochi altri ma che riesce comunque ad intrattenere e a lasciare col fiato sospeso lo spettatore dall’inizio alla fine, nonostante i 144 minuti di durata.
Nel corso della storia i due protagonisti si scontreranno più volte con continui ribaltamenti dei ruoli di vittima e carnefice.
Jang Kyung-chul, interpretato da Choi Min-sik[3] (che non a caso era il protagonista di “Oldboy”), è un maniaco serial killer. È viscido, spietato e malvagio fino al midollo; il diavolo in persona. Sarà costretto a innumerabili sofferenze inflitte da Kim Soo-hyun Che, partendo da vittima, cadrà in una spirale di violenza perdendo completamente in controllo.
Arriverà infatti al punto tale che il desiderio di vendicarsi sarà così forte da non pensare alle conseguenze di ciò che sta facendo, mettendo in rischio la vita di altri innocenti.
Nonostante Kim Soo-hyun sia veramente spietato nei confronti del serial killer, il personaggio interpretato da Choi Min-sik è talmente spregevole da non suscitare minimamente la compassione o anche solo la simpatia dello spettatore. Inizialmente si prova quasi piacere nel vederlo soffrire, dopo tutto ciò che ha fatto. Alla fine però ci si sente svuotati proprio come si sente Kim Soo-hyun, come se tutta la violenza e i fiumi di sangue che ci sono stati nel corso del film siano stati inutili. Ed è così, è proprio questo il messaggio che lancia Kim Jee-woon con “I Saw The devil”: la vendetta ti si ritorce contro e anche quando viene portata a compimento non toglie il dolore di una perdita, anzi nel caso di Kim Soo-hyun lo incrementa ancora di più perché se n’è andata l’unica “distrazione” che gli permetteva di andare avanti. Non si tratta di certo di una chiave di lettura innovativa del tema della vendetta. Come ho già detto il regista reinterpreta del materiale su cui si è già lavorato molto.
C’è da dire però che il modo in cui Kim Jee-woon lancia questo messaggio è molto efficace per diversi motivi.
In parte per l’alto tasso di violenza (di sicuro non è un film per stomaci deboli) che non viene mai resa poetica come avveniva in certi momenti di “Bittersweet Life”[4] ma è sempre cruda e sporca. In parte invece perché i personaggi di cui seguiamo le vicende sono calati in un mondo in cui non si riesce ad intravvedere uno spiraglio di luce. Un mondo folle, ormai alla deriva, popolato da fuori di testa. Jang Kyung-chul infatti non è l’unico assassino squilibrato che vediamo e questo porta ad estendere il discorso, facendo intuire che ce ne sono molti come lui. Mi è sembrato inoltre uno dei film del regista in cui è meno presente la componente comica, ci sono dei momenti in cui si nota un lieve umorismo (nerissimo), ma non è paragonabile da questo punto di vista a molti degli altri suoi lavori.
Nonostante l’estrema crudezza, “I saw the devil” riesce anche ad intrattenere perché è un thriller tesissimo con molte scene d’azione realizzate magistralmente.
Riguardo al lato tecnico c’è poco da dire. Come tutti i film di Kim Jee-woon La regia è fenomenale, passa da momenti molto concitati con una telecamera mossa ma mai fastidiosa a dei virtuosismi che lasciano a bocca aperta.
Su tutte la scena che più sorprende da questo punto di vista è quella del combattimento in auto che tra l’altro è anche una delle più sanguinolente. I combattimenti in generale sono realizzati veramente bene anche se il film non si concentra solo su quelli, quindi non aspettatevi di trovare coreografie strepitose o cose simili. In linea di massima sono piuttosto credibili e mai esagerati.
La fotografia è curata nel minimo dettaglio, come al solito e la colonna sonora è sempre azzeccata.
I due attori protagonisti offrono delle interpretazioni notevoli. Lee Byung-hun[5], attore feticcio del regista, è sicuramente bravo ma a sorprendere maggiormente è ancora una volta Choi Min-sik.
Il film ha ottenuto un successo notevole, nonostante i problemi avuti con la censura coreana che ha imposto diversi tagli nelle scene più esplicite. Ha girato diversi festival vincendo svariati premi. Stranamente è uno dei pochi film del regista a non essere mai stati distribuiti in Italia, ne al cinema ne in home video.
60 SECONDS OF SOLITUDE IN YEAR ZERO
Pur non trattandosi di un film ho deciso di parlarne brevemente perché “60 Seconds of Solitude in Year Zero” è
stato un progetto molto particolare. È un’antologia di 60 cortometraggi o spezzoni tratti dai film di sessanta regista in giro per il mondo.
Il progetto è stato sviluppato su una sola pellicola da 35 mm e proiettato una sola volta in Estonia presso il porto di Tallin. Oltre a Kim Jee-woon hanno preso parte al progetto molti altri registi importanti come Brian Yuzna[6], Park Chan Wook, Tom Tykwer[7], Adam Wingard[8] e via dicendo.
Dopo la proiezione la pellicola è stata bruciata insieme allo schermo, davanti al pubblico.
Il progetto è stato dedicato alla morte del cinema fatto su pellicola.
Il frammento di Kim Jee-woon è composto da due delle scene finali di “Bittersweet Life”.
Regia: Kim Jee-woon.
Soggetto: Andrew Knauer.
Sceneggiatura: Andrew Knauer.
Musiche: Mwog.
Direttore della fotografia: Ji-yong Kim.
Produttore: Lorenzo di Bonaventura, Edward Fee, Miky Lee, Udi Nedivi, Michael Paseornek, Hernany Perla, Guy Riedel, John Sacchi.
Anno: 2013.
Durata:107′.
Paese: USA.
Interpreti e personaggi: Arnold Schwarzenegger (Ray Owens), Arron Shiver (State Trooper), Doug Jackson (Harry), Peter Stormare (Burrell), Chris Browning (Pony Tail), Johnny Knoxville (Lewis Dinkum), Eduardo Noriega (Gabriel Cortez), Forest Whitaker (Agente John Bannister).
Dopo il grande successo dei film precedenti e dopo il violentissimo “I saw the devil”, il regista arriva nel 2013 alla sua prima produzione totalmente americana con questo “The last stand”.
Lo sceriffo Ray Woens, un tempo nella polizia di Los Angeles, conduce ora una vita tranquilla nella cittadina di Sommerton, al confine tra l’Arizona e il Messico. Quando, però, il pericoloso narcotraficcante Gabriel Cortez sfugge all’FBI nel corso di un trasferimento e punta dritto verso il confine e l’impunità, Owens torna a mettersi di traverso. Mentre i federali perdono colpi su colpi, lo sceriffo e il suo gruppetto di amici si prepara ad arrestare la folle corsa di Cortez, ricorrendo letteralmente a qualsiasi mezzo. (Da Mymovies)
La posta in gioco era alta per diversi motivi. Per prima cosa, trattandosi del suo primo film americano, per lo più con attore protagonista un mostro sacro come Arnold Shwartzeneggher[9], il regista coreano doveva adattarsi all’action made in USA. Allo stesso tempo il rischio era quello di far soccombere il proprio stile e la propria poetica nel realizzare un progetto del genere. Si tratta di un action in puro stile americano, quelli che soprattutto negli anni ’80 dominavano e che tutt’ora continuano ad essere realizzati. Insomma c’era il rischio che Kim Jee-woon potesse avere poca libertà ed essere usato come un mero mestierante.
Fortunatamente non è andata così.
“The last stand” non è sicuramente un grandissimo film, ne uno dei migliori del regista, però si distingue nel panorama degli action americani e il tocco di won jim si sente eccome.
La pellicola è veramente atipica, si capisce dopo poco che non ci si trova davanti al solito prodotto.
Uno dei punti di forza principali è la rielaborazione e la commistione dei generi, cifra stilistica tipica del regista molto presente anche in questo caso. A farla da padrone, specialmente nella seconda parte del film, la più riuscita, è il western, genere che Kim Jee-woon aveva già dimostrato di amare con “Il buono, il matto e il cattivo”. Abbiamo quindi la piccola città in stile far west dove la proprietà privata è sacra e viene difesa a suon di pallottole ed esplosioni. Ci troviamo davanti al più basilare degli archetipi western: la lotta tra il bene e il male, trai cow boy e i banditi. Certo il tutto è traslato ai nostri giorni (anche se per molte cose la situazione non sembra cambiata) con automobili che corrono a 300km/h al posto dei cavalli, ma il concetto rimane sempre lo stesso.
L’azione è il pilastro portante del film, come ci si aspetta e come è giusto che sia, e da questo punto di vista “The last stand” è pienamente riuscito. Le sequenze di inseguimento, di lotta e le varie sparatorie sono girate come al solito in modo impeccabile dal regista che ogni tanto, anche dal punto di vista registico, strizza l’occhio ai western che adora.
Si tratta di una regia dinamica, quasi sempre movimentata e frenetica ma mai confusionaria. Non si perde un fotogramma e tutto risulta comprensibile, anche le scene più concitate. Questa del resto non è una sorpresa, visti i precedenti.
Non manca ovviamente il patriottismo tipico di questi film, l’esaltazione delle armi, delle pallottole, della già citata proprietà privata e dell’american way of life. Tutto ciò però riesce a non dare fastidio perché sapientemente Kim Jee-woon esaspera tutte queste componenti al punto tale da renderle parodiche.
Non che nei film d’azione americani tutti muscoli e pallottole (per esempio la recente trilogia “The Expendables”[10] di Stallone[11]) manchi l’umorismo, però si tratta comunque di prodotti che, nonostante l’ironia, continuano ad essere pervasi dal patriottismo e dalla retorica a stelle e strisce.
Il regista evita tutto ciò mettendo in scena un umorismo così esasperato da avvicinarsi di più alle folli situazioni che si possono trovare nei film orientali (ovviamente in questo caso rese molto più vicine al pubblico occidentale).
Così, se nella prima parte i toni erano leggermente più seri, nella seconda la componente comica si scatena donando allo spettatore delle situazioni così sopra alle righe da renderle per forza simpatiche.
Lo stesso Shwartzenegger è più autoironico che mai e scherza molto con lo stereotipo del duro che va ad interpretare. Anche il resto dei personaggi sono decisamente stereotipati e ironici, dagli agenti del FBI inutili e incapaci al trafficante messicano interpretato da Eduardo Noriega.
Insomma lo spettatore vuole vedere sparatorie e risse per due ore e viene accontentato alla grande dal regista che riesce ad adattarsi ai prodotti americani senza però rinunciare al suo stile molto particolare.
È un film che diverte molto e che deve essere preso anche come un divertimento del regista che ha voluto mettersi alla prova con un prodotto di questo tipo.
Anche la violenza, seppur molto presente (di sangue ne scorre abbastanza), è svuotata di tutta la crudezza e la poesia tipiche di Kim Jee-woon, resa in tal modo fumettistica e divertente.
Certo, chi ha visto i precedenti lavori del regista come “Bitterweet Life”, “Two sisters”[12] o “I saw the devil” può storcere il naso per l’assenza di quella profondità che contraddistingueva i film citati.
“The last stand” va preso per quel che è, un film di puro intrattenimento realizzato veramente bene e molto divertente.
Il rischio principale era che il regista potesse perdersi in altre produzioni di questo tipo, abbandonando pian piano i lavori più seri. Così non è stato visto che il suo prossimo lungometraggio sarà al 100% di produzione coreana. Dovrebbe chiamarsi “The Age of Shadows”[13] e dovrebbe essere presente nel cast il grande Kang-ho Song[14]. Chissà che soprese ci riserverà questa volta il regista!
Si tratta di un cortometraggio di 30 minuti che non sono riuscito a vedere. Più che altro è un esperimento per testare le potenzialità della visualizzazione a 280°, ovvero una tecnologia che permette un’esperienza più immersiva avvolgendo letteralmente lo spettatore, circondato da immagini a 280°.
Il regista ha scelto ancora il genere thriller e di azione per questo prodotto.
Qui un piccolo estratto:
Scritto da: Tomàs Avila.
Note:
[1] Link IMDB del regista: www.imdb.com/name/nm0661791/?ref_=nv_sr_1 .
[2] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1190539/?ref_=fn_al_tt_1 .
[3] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0158856/?ref_=fn_al_nm_1 .
[4] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0456912/?ref_=nv_sr_1 .
[5] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0496932/?ref_=fn_al_nm_1 .
[6] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0951206/?ref_=nv_sr_1 .
[7] Link IMDb del regista: http://www.imdb.com/name/nm0878756/?ref_=nv_sr_1 .
[8] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm1417392/?ref_=nv_sr_1 .
[9] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000216/?ref_=ttfc_fc_cl_t46 .
[10] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1320253/?ref_=nm_knf_i2 .
[11] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000230/?ref_=nv_sr_1 .
[12] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0365376/?ref_=tt_rec_tt .
[13] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt4914580/?ref_=nm_flmg_dr_1 .
[14] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0814280/?ref_=tt_ov_st_sm .