Monografia di Denis Villeneuve. Parte 1

In Cinema, Denis Villeneuve, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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Prima di cominciare avviso i lettori che, come in tutte le altre monografie del sito, sono presenti molti spoiler, necessari per analizzare al meglio i film presi in considerazione

BIOGRAFIA

Denis Villeneuve è uno dei registi più quotati attualmente, il suo Cinema è molto personale, diviso tra due anime: una più sperimentale (che viene fuori maggiormente nei suoi primi lavori) e una volta al cinema d’intrattenimento. In ognuna delle sue opere, che siano riuscite o meno, non tradisce mai la sua visione della settima arte, mantenendo uno stile riconoscibile e sviluppando tematiche importanti anche nelle produzioni più mainstream.

Denis Villeneuve è nato a Gentilly, in Canada. Inizialmente intraprende studi di stampo scientifico (che lo influenzeranno nella realizzazione dei suoi film) che poi abbandona a causa della sua passione per il cinema. Frequenta la Università del Quebec a Montréal dove studia cinema. Prima di dedicarsi ai film, si occupa di documentari. Il suo primo lavoro è infatti un documentario del 1994. Quattro anni dopo, nel 1998 esordisce al lungometraggio con August 32nd on Earth. Il 2013 per il regista è l’anno della svolta. Realizza infatti due film: Enemy e Prisoners. Il primo è ancora girato in Canada, anche se con attori americani, mentre il secondo segna l’arrivo di Villeneuve ad Hollywood. Paradossalmente, a differenza di quasi ogni regista che inizia a lavorare ad Hollywood, la parte “commerciale” della carriera convince addirittura più di quella indipendente.
Con soli due film realizzati ad Hollywood (Prisoners e Sicario), Villeneuve è già diventato uno dei registi più interessanti e ambiti del panorama americano, tanto che Ridley Scott[1] gli ha affidato il sequel di Blade Runner[2] che vedremo nel 2017.

 

FILMOGRAFIA

REW-FFWD (cortometraggio, documentario), 1994
Cosmos (segmento “Technétium, Le”), 1996
Un 32 aout sur terre, 1998
Maelstrom, 2000
120 Seconds to Get Elected (cortometraggio), 2006
Happiness Bound (segmento),  2007
Next Floor (cortometraggio), 2008
Polytechnique, 2009
La donna che canta, 2010
Rated R for Nudity (cortometraggio), 2011
Etude empirique sur l’influence du son sur la persistance rétinienne (cortometraggio), 2011
Enemy, 2013
Prisoners, 2013
Sicario, 2015
Arrival, 2016
Blade Runner 2049, 2017

REW-FFWD 

REW-FFWD
Regia
: Denis Villeneuve.
Soggetto: Denis Villeneuve.
Sceneggiatura: Denis Villeneuve.
Musiche: Michel Smith.
Direttore della fotografia: Pierre Landry, Martin Leclerc.
Produttore: Michel Dandavino.
Anno: 1994.
Durata:30′ 50’’.
Paese: Canada.
Interpreti e personaggi: Alma Mockyen (voce alla radio), Michael Smith (Mike).

 

Il primo lavoro di Villeneuve resta per me tra i suoi più interessanti. Cercando informazioni sui vari siti di cinema come IMDB, REW-FFWD viene presentato come un documentario su Trench Town, un quartiere di Kingston, la capitale della Giamaica. In realtà non è soltanto questo.

REW-FFWDLa storia è quella di un fotografo della rivista “Periscope” che viene inviato dall’editore (razzista e ignorante) a realizzare un reportage sulla vita degli abitanti della Giamaica che dimostri quanto siano arretrati, violenti e
barbari. Dopo un primo momento di scombussolamento e di paura però, l’anonimo fotografo si renderà conto
che la situazione non è come gli era stata descritta dal capo.

REW-FFWD non è propriamente un documentario ma non si può neanche dire che non lo sia. È una
commistione tra un viaggio introspettivo nella psiche del protagonista e un documentario sugli usi e costumi di chi abita Trench Town. Il tutto è narrato da una scatola nera (dotata dei tasti rewind e flashforward, da qui il titolo) che contiene le memorie del fotografo. La scatola nera mette in ordine il materiale grezzo (che sembra arrivare direttamente dal subconscio del fotografo) facendo capire come si è svolta la vicenda.

REW-FFWDQuesto cortometraggio d’esordio è uno dei lavori più sperimentali di Villeneuve che attinge a piene mani dal
surrealismo, senza però allontanarsi troppo dal genere documentaristico. Il risultato è un trip, un viaggio attraverso Trench Town ma anche attraverso la mente del protagonista.
Tutto ciò che vediamo lo vediamo dal suo punto di vista, spesso attraverso delle soggettive.
Alle immagini registrate direttamente dai suoi occhi, si alternano interviste, fotografie e passaggi più surrealisti e sperimentali.

Alla fine, tutto ciò che era stato detto al fotografo dall’editore si rivela essere falso. La violenza di cui parlava non si vede, al contrario ci troviamo davanti a una società pacifica, a contatto con la natura e molto più aperta al prossimo rispetto alla società da cui proviene il protagonista.
Tutto ciò in appena 30 minuti. REW-FFWD rappresenta perfettamente la parte più sperimentale della filmografia di Villeneuve che comprende i lungometraggi dei primi anni e i cortometraggi realizzati in seguito. E questo primo lavoro del regista, per me, è addirittura superiore ai suoi primi due lungometraggi. Il tema del viaggio introspettivo verrà poi affrontato al meglio da Villeneuve con Enemy.

 

 

COSMOS 


Cosmos è un lungometraggio canadese (che purtroppo non sono riuscito a trovare), composto da sei
cortometraggi di altrettanti registi (tutti giovani).
La cornice che unisce i racconti, è la storia di un tassista greco che riflette a voce alta mentre porta a destinazione i suoi passeggeri. L’episodio girato da Villeneuve è intitolato Le Technetium e racconta di un giovane filmaker che viene preso in ostaggio dalla folla isterica che partecipa ad un talk-show.
Per ulteriori informazioni, si veda: www.cinematografo.it/cinedatabase/film/cosmos/35414/ .

 

 

 

UN 32 AOUT SUR TERRE 

Un 32 aout sur terre


Regia
: Denis Villeneuve.
Soggetto: Denis Villeneuve.
Sceneggiatura: Denis Villeneuve.
Musiche: Nathalie Boileau, Robert Charlebois, Pierre Desrochers, Jean Leloup.
Direttore della fotografia: André Turpin.
Produttore: Roger Frappier.
Anno: 1998.
Durata: 88’.
Paese: Canada.
Interpreti e personaggi: Paule Baillargeon (Direttore dell’ospedale), Emmanuel Bilodeau (migliore amico), Pascale Bussières (Simone), Alexis Martin (Philippe).

 

Dopo due cortometraggi (dei quali uno era un documentario), Villeneuve nel 1998 realizza il suo primo lungometraggio: Un 32 aout sur terre.

La storia è quella di Simone, una donna in carriera che, dopo un incidente stradale in cui ha sfiorato la morte, inizia a rivedere le sue priorità. Non bada più al suo lavoro e decide di avere un figlio. Un 32 aout sur terreSceglie come compagno il suo migliore amico Philippe, da sempre segretamente innamorato di lei, che, seppur con molti dubbi, decide di accettare a patto di andare in viaggio nel Grate Salt Lake Desert (deserto situato nel nord dello Utah).

L’esordio del canadese è molto particolare e stravagante. Mette insieme diversi stili e influenze, ottenendo qualcosa di veramente personale.
Ad un primo livello, da Un 32 aout sur terre traspare tutto l’amore di Villeneuve per il Cinema, in particolare per la Nouvelle Vague[3] che viene costantemente omaggiata. I richiami al movimento cinematografico francese sono evidenti, a partire dal poster Jean Seberg[4] che vediamo più volte in casa di Philippe, per arrivare allo stile adottato dal regista. Vengono riprese tutte le caratteristiche stilistiche della Nouvelle Vague: i long take, gli sguardi in macchina, i jump cut, la camera a mano e via dicendo.

L’atmosfera però non è realistica, anzi è quasi surreale. Basti pensare al periodo temporale in cui si svolge la pellicola. Un 32 aout sur terreDopo l’incidente stradale, le didascalie ci mostrano che siamo al 32 di agosto (da qui il titolo) e si andrà avanti oltre il 35. Insomma, un arco temporale inesistente, come se si fosse fermato l’orologio dopo l’incidente e fosse cominciata una temporalità alternativa.
In effetti il viaggio che intraprendono i due protagonisti è anch’esso molto surreale, come l’ambientazione desertica che sembra fuori dal tempo e dallo spazio.

In questo arco temporale al di fuori dalla realtà i due impareranno a conoscersi a fondo, persi in mezzo al nulla. Il film diventa una sorta di road movie allucinato, tra un tassista che abbandona i due protagonisti in mezzo al deserto e il ritrovamento di un cadavere bruciato.
Sulla via per il ritorno, ormai giunti in una città, i due stanno per un po’ in una stanza che sembra l’interno di un’astronave. Anche qui, senza contatti mondo esterno, la situazione è surreale, quasi fantascientifica.
Alla fine però i due protagonisti devono tornare alla realtà. Prima di tornare a casa Philippe consegna una lettera a Simon in cui dichiara il suo amore per lei e si rifiuta di aiutarla ad avere un figlio.
Un 32 aout sur terreUna volta in città, questa stravagante storia d’amore sembra stia per concludersi felicemente. Simon chiama Philippe, dopo aver letto la lettera, e gli dice di andare da lei. Mentre lui sta andando però viene fermato da un
gruppo di teppisti che lo malmenano, mandandolo in coma.
Si ritorna così a una temporalità reale (il 5 settembre).
Una conclusione triste che fa riflettere sul caos dell’esistenza e su come certe cose siano fuori dal nostro controllo. Il tema del caos (e del destino) verrà affrontato anche nel successivo lavoro del regista.
Tuttavia io ho decisamente apprezzato di più questo suo lungometraggio d’esordio rispetto al successivo Maelstrom perché mi è parso molto meno pretenzioso. Inoltre la stravaganza di Un 32 aout sur terre è molto più naturale rispetto a Maelstrom, in cui tutto sembra molto più calcolato, come se si cercasse apposta di stupire lo spettatore.

Un 32 aout sur terreDal punto di vista visivo, il talento di Villeneuve si nota già dal suo esordio, merito anche delle spettacolari ambientazioni. La regia, come già detto, riprende le caratteristiche tipiche della Nouvelle Vague.
Nel complesso il film, dal punto di vista tecnico, è molto convincente e regala delle inquadrature memorabili.

Insomma l’esordio del regista canadese è molto interessante e merita assolutamente di essere recuperato. È stato anche presentato a Cannes.

 

 

MAELSTROM 

Maelstrom


Regia
: Denis Villeneuve.
Soggetto: Denis Villeneuve.
Sceneggiatura: Denis Villeneuve.
Musiche: Pierre Desrochers.
Direttore della fotografia: André Turpin.
Produttore: Roger Frappier, Luc Vandal.
Anno: 2000.
Durata: 88’.
Paese: Canada.
Interpreti e personaggi: Marie-Josée Croze (Bibiane Champagne), Jean-Nicolas Verreault (Evian), Stephanie Morgenstern (Claire Gunderson), Pierre Lebeau (voce del pesce).

 

Maelstrom è il secondo lungometraggio di Denis Villeneuve. Si tratta di un film indipendente canadese del 2000, vincitore di numerosi premi ed accolto bene dalla critica.

Bibi sta passando un periodo difficile. Figlia di una celebrità, gestisce insieme al fratello una famosa catena d’abbigliamento, ma questi ha deciso di estrometterla dagli affari per la sua incapacità di tenere le redini dei tre negozi. MaelstromIn più ha appena abortito e l’umore generale di conseguenza non è al massimo. Una sera, di ritorno da una festa dove ha bevuto troppo, investe un uomo, ma ubriaca com’è non si ferma e torna a casa, rendendosi conto dell’accaduto solo al mattino dopo. A quel punto comincia ad affrontare i sensi di colpa indecisa sul da farsi, finché un giorno, su un quotidiano, trova il nome dell’uomo e decide di andare a chiedere informazioni all’obitorio. (da filmtv.it)

Di tutti i film del regista, è quello che mi ha convinto meno. Anzi, non posso proprio dire che mi sia piaciuto.
Certo, non mancano le note positive: per prima cosa la fotografia, veramente notevole che ben si adatta al mondo della protagonista. Certi momenti sono di forte impatto, gli attori sono tutti all’altezza delle parti a loro affidate.  Convince in parte anche l’atmosfera a metà tra sogno e realtà.
MaelstromUn altro merito di Villeneuve, che però è allo stesso tempo la causa del fallimento di questa pellicola, è il fatto di non aver avuto paura di osare. L’allora trentatreenne regista si è cimentato in qualcosa di (forse troppo) complesso che gli è sfuggito di mano.
In realtà la storia è semplice e sa di già visto ma Villeneuve cerca in tutti i modi di complicarla e di fare qualcosa di diverso da ciò a cui siamo abituati. Il problema è che questo “sperimentalismo” e volontà di sorprendere sembrano veramente forzati, per niente naturali.
A partire dalla stravagante trovata di scegliere come narratore della storia un pesce che viene via via affettato da un macellaio munito di mannaia. Le scene in cui vediamo il pesce, ambientate in un non luogo che sembra la stiva rovesciata di una nave, sembrano una provocazione inutile. Inizialmente mi hanno un po’ ricordato il demiurgo che in Eraserhead[5] di David Lynch[6] muoveva gli ingranaggi del mondo.
Il pesce inoltre, rivolgendosi direttamente al pubblico, rompe la quarta parete, rendendo difficile l’immedesimazione.

MaelstromMa non finisce qui. Come dicevamo, la storia è veramente semplice ma il regista cerca di complicarla in tutti i modi possibili, frammentandola, facendo rivedere scene da punti di vista differenti. Questa trovata però è già più comprensibile e giustificata dal messaggio che il film vuole mandare.
Villeneuve sembra volerci parlare di come, nel mondo caotico in cui viviamo, possa esserci se non un ordine, un senso in ciò che accade. La vita di Bibi sta andando a pezzi minuto dopo minuto, ha appena abortito, ha perso il lavoro ed è schiacciata dal peso di sua madre, un personaggio famoso che la mette in ombra.
Tutto ciò la porta ad ubriacarsi una sera e ad investire un uomo mentre torna a casa in macchina.
Bibi riesce poi a scoprire il nome dell’uomo e, quando va all’obitorio chiedendo sue informazioni, incontra sua figlio.
I due si innamorano e Bibi, sempre più disperata, non sa come svelare la sua identità.
In tutto questo caos Villeneuve cerca di trovare un ordine. MaelstromTramite la frammentazione della linearità narrativa e il cambiamento di punti di vista riesce a farci capire come gli eventi siano tra loro collegati. Inizialmente
sembrerebbe una rappresentazione della dinamica causa-effetto. Ma poi le coincidenze si fanno così esagerate da dover per forza tirare in ballo il concetto di destino. Tutto quello che abbiamo visto è successo per una ragione precisa oppure è solo una serie di casi fortuiti?
L’unico che apparentemente può dare una risposta è il pesce-narratore che però, proprio mentre ci sta rivelando cosa l’uomo realmente sia, viene ucciso dal macellaio. Forse non c’è una risposta.
Insomma Villeneuve affronta un discorso molto complicato, in parte riuscendoci e in parte no. Alla fine però mi sembra che la situazione gli sia sfuggita di mano e che l’ambizione si sia trasformata in pretenziosità.

A complicare ancora di più il tutto contribuisce la simbologia fin troppo esplicita e tutti gli elementi che arricchiscono (e appesantiscono) la trama. Spesso ricorre l’elemento dell’acqua. Il film si apre con l’acqua e, circolarmente, si chiude con l’acqua. MaelstromVediamo più volte la protagonista mentre si fa la doccia. Ovviamente non è una cosa casuale ma questo elemento rimanda a diversi significati, tutti inerenti alla storia raccontata. Dall’acqua intesa come vita a quella intesa come purificazione, nel caso di Bibi purificazione dalle colpa di aver
ucciso un uomo. Anche se forse è ancora meglio se si intende l’acqua come trasformazione, rinascita. In effetti è questo che succede alla protagonista, dopo un momento difficile che l’ha condotta ad un tentato suicidio, si riprende e comincia una nuova vita.
Abbondano poi i riferimenti alla Norvegia, a partire dal titolo stesso. Il maestrom è un fenomeno simile a un gorgo, causato dalla marea lungo la costa atlantica della Norvegia, nei pressi delle isole Lofoten. Ovviamente, in senso metaforico, è la rappresentazione del caos che domina la vita di Bibi, nel preciso momento che sta passando.
C’è poi la canzone norvegese, cantata dall’amica della protagonista, che ha una melodia molto dolce ma della quale non se ne conosce il significato. Quando poi si viene a sapere di cosa parla, scopriamo che è una canzone folkoristica che racconta di brutali uccisioni.

Potrebbe voler dire che non tutto è come sembra.

Maelstrom

Ed è ciò che succede alla protagonista: tutti gli avvenimenti negativi la portano in realtà al raggiungimento di una stabilità e della felicità.
O ancora, lo sconosciuto con cui si confida Bibi, è lo stesso con cui si confida il figlio dell’uomo che ha investito. È un caso o è destino? La domanda è sempre la stessa ma di fatto lo sconosciuto ha un ruolo fondamentale nel loro incontro.

Come si è visto non mancano gli spunti interessanti ma l’impressione è che Villeneuve abbia fatto di tutto per essere considerato un “autore”. Ne risulta che Maelstrom è il film più debole della sua intera filmografia. Fortunatamente in seguito troverà il giusto modo di esprimere la sua identità autoriale, senza dover a tutti i costi sorprendere.

 

 

Continua…

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

 

Note:

[1] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000631/?ref_=tt_ov_wr .

[2] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0083658/?ref_=nm_knf_i1 .

[3] Link Wikipedia del movimento cinematografico: https://it.wikipedia.org/wiki/Nouvelle_Vague .

[4] Link IMDB dell’attrice: http://www.imdb.com/name/nm0781029/?ref_=nv_sr_1 .

[5] Link IMDB del film: www.imdb.com/title/tt0074486/?ref_=fn_al_tt_1 .

[6] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000186/?ref_=tt_ov_dr .