Regia: Anna Odell.
Soggetto: Anna Odell.
Sceneggiatura: Anna Odell.
Direttore della fotografia: Ragna Jorming.
Montaggio: Kristin Grundström.
Produttore: French Quarter Film.
Anno: 2013.
Durata: 90’.
Paese: Svezia.
Interpreti e personaggi: Anna (Anna Odell), Anders (Anders Berg), Robbban (Robert Fransson), Louise (Sandra Andreis), Rikard (Rikard Svensson), Nille (Niklas Engdahl), Sanna (Sanna Krepper), Linda (Sara Karlsdotter).
The Reunion è il lungometraggio che segna l’esordio cinematografico di Anna Odell, artista svedese che si era già fatta conoscere in patria per la sua opera Unknown Woman 2009-349701, composta di più parti, una delle quali, in cui la stessa Odell inscenava una crisi psicotica su un ponte a Stoccolma provocando un reale intervento della polizia, aveva attirato l’attenzione dei media svedesi.
Veniamo al film in questione.
È una serata speciale per un gruppo di ex compagni di scuola. Riuniti per celebrare i vent’anni dal diploma, sono intenti a ridere, scherzare, e rivangare il passato con un pizzico di nostalgia e cameratismo. Ma, in questa atmosfera di festa, c’è però qualcuno che è meno a suo agio: è Anna, la più seria e silenziosa. Presto Anna si alzerà in piedi e tirerà fuori i motivi della sua amarezza, e la riunione prenderà una piega inaspettata…
Se c’è una cosa che sorprende di questo esordio è la capacità della regista di mescolare i vari livelli narrativi e il piano della finzione e del reale.
Come lei stessa ha specificato in un’intervista, l’idea le è venuta quando ha saputo che gli ex compagni di scuola volevano fare una rimpatriata. Inizialmente pensò di fare un discorso in loro presenza e riprendere le loro vere reazioni, in seguito però scoprì che la riunione era stata fatta senza di lei. Allora decise di realizzare un’opera di finzione che rispondesse a una domanda di base: cosa sarebbe successo se fosse stata invitata alla festa?
La prima parte del film è sostanzialmente il racconto fittizio di un’eventualità che non si è mai concretizzata. È impossibile non pensare a Festen di Thomas Vinterberg, ovvero l’opera che ha dato il via al movimento del Dogma 95. Il paragone è motivato non soltanto da una dinamica di base praticamente identica, ovvero la presenza di un personaggio intenzionato a rovinare la festa sbattendo in faccia a tutti cosa si nasconde sotto la facciata di apparente felicità e normalità, ma anche per lo stile registico della Odell.
Non abbiamo musica extradiegetica, le riprese sono spesso mosse e caratterizzate da zoomate che volutamente riprendono l’estetica dei video amatoriali. Ovviamente non viene utilizzata una Dvcam ma il linguaggio è molto simile, nel tentativo di portare lo spettatore in mezzo alla scena, di farlo partecipare alla festa.
Quando si pensa di aver capito in che direzione si sta muovendo l’opera, tutte le aspettative dello spettatore vengono deluse e si scopre che stavamo assistendo a un film nel film.
Inizia quindi una seconda parte in cui la regista, che già interpretava sé stessa nella ricostruzione della festa, cerca di contattare i suoi veri ex compagni di classe per mostrare loro il film e riprenderne le reazioni.
In pochi accetteranno e dimostreranno tutti che il tempo non ha cambiato di molto le dinamiche di quando erano bambini.
È chiaro che la regista realizzi un’opera a tesi, un film che non lascia molto spazio a interpretazioni ma che vuole invece lanciare un messaggio ben preciso, almeno per quanto riguarda il tema del bullismo.
Come la Odell ha sottolineato, era interessata alle strutture di potere dell’uomo e alle gerarchie. Così ciò che vuole dimostrare è che il bullismo e le varie ingiustizie che ha subito in infanzia non possono essere liquidate come cose che succedono da bambini. Gli ex compagni di classe, nonostante inizialmente si presentino cresciuti e cambiati, si scoprono poi essere molto simili a quando erano bambini e ancora peggio sembrano soprattutto interessati a proteggere la loro immagine, che potrebbe essere compromessa dal lavoro della regista, vista sempre con diffidenza come quando era bambina.
Il messaggio è chiaro ma questa riflessione sul bullismo e le dinamiche di potere è ciò che convince meno di The Reunion, proprio per il fatto di non dare spazio all’ambiguità, tracciando un percorso troppo lineare e, tutto sommato, anche abbastanza superficiale.
La cosa che invece colpisce è proprio la confusione tra il piano del reale e quello della finzione e a complicare ancora di più la situazione interviene il notevole finale in cui assistiamo a un faccia a faccia tra un attore e il personaggio che ha interpretato.
La Odell si muove in un territorio di confine, in cui la distinzione tra documentario, film di finzione e opera d’arte in senso lato si assottiglia sempre di più. La vera domanda è quale sia lo statuto di ciò a cui stiamo assistendo, quale sia la sua natura: gli ex compagni nella seconda parte del film sono reali o si tratta di altri attori? Si può parlare di un’opera in parte documentaristica o è meglio definirla un mockumentary?
The Reunion è un prodotto ambiguo e androgino, di difficile classificazione, che pone domande interessanti sul cinema e sull’arte in generale, facendo passare in secondo piano quello che probabilmente, nelle intenzioni, era il tema principale.
Il film è stato presentato alla 70° Mostra del Cinema di Venezia, dove ha vinto il premio FIPRESCI per il miglior film Orizzonti e Settimana Internazionale della Critica.
Arriverà nelle sale italiane il 25 ottobre 2018, grazie a Tycoon Distribution.
Scritto da: Tomàs Avila.