The Purge: una saga americana- La prima notte del giudizio

In Al Cinema, Cinema, Recensioni Film, The Purge: una saga americana, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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Regia: Gerard McMurray.
Sceneggiatura: James DeMonaco.
Soggetto: James DeMonaco.
Colonna sonora: Kevin Lax.
Direttore della fotografia: Anastas N. Michos.
Montaggio: Jim Page.
Produttore: Blumhouse Productions, Perfect World Pictures, Platinum Dunes.
Anno: 2018.
Durata: 98’.
Paese: USA.
Interpreti e personaggi: Y’lan Noel (Dmitri), Lex Scott Davis (Nya), Joivan Wade (Isaiah), Mugga (Dolores), Rotimi Paul (Skeletor).

Arriviamo così a La prima notte del giudizio, un film importante per la saga di DeMonaco da molti punti di vista.

Dietro ogni tradizione c’è una rivoluzione. Per il Giorno del Ringraziamento il governo ha in mente di concedere 12 ore di anarchia, durante le quali ogni crimine viene condonato. Si tratta della prima volta che l’esperimento viene messo in atto per spingere il tasso di criminalità al di sotto dell’1% nel resto dell’anno, come asseriscono gli studi sociologici. Quando però la violenza degli oppressori incontrerà la rabbia degli emarginati, ciò che ne verrà fuori sarà una lunga notte che metterà alla prova l’intera nazione. (da FilmTv)

La prima notte del giudizioIl primo grande cambiamento portato da questo quarto capitolo è un nuovo regista. DeMonaco resta soltanto in veste di sceneggiatore e produttore, cedendo la regia a Gerard McMurray, già produttore di Prossima fermata Fruitvale Station e regista di Burning sands: il codice del silenzio.
McMurray è un regista afroamericano, evidentemente interessato a parlare della comunità afroamericana in America col suo cinema e questo non è un caso.
Avevamo già sottolineato come The Purge, andando avanti, avesse dato sempre più importanza agli strati sociali più deboli, agli emarginati.
Con La prima notte del giudizio questo passaggio viene completato e ci troviamo davanti a un film black, esplicitamente rivolto a un pubblico afroamericano, seguendo le tracce di Get Out, film importantissimo da questo punto di vista, sia per il successo di pubblico ottenuto, sia per le varie nomination ricevute agli oscar 2018. Che fossero meritate o meno è secondario, ciò che ci interessa è il valore politico di quei premi.

Dopo anni di polemiche, alcune condivisibili, altre piuttosto sterili, e in particolare dopo gli innumerevoli polveroni sollevati da Spike Lee, le ultime due edizioni degli Oscar hanno dato molto più spazio a registi e attori neri, dimostrando di essere interessati ai temi sociali, come da sempre lo sono i membri dell’Academy. Un interesse forse più di facciata che altro ma questo è un altro discorso.

Come al solito con The Purge, bisogna chiedersi cosa sia cambiato a livello politico-sociale rispetto ai capitoli precedenti. La notte del giudizio: Election Year ci aveva lasciato con la vittoria della senatrice Roan e con un possibile lieto fine, cercando di alleggerire il teso clima di elezioni che c’era realmente negli Stati Uniti nel 2016.
La realtà però a volte è più incredibile della finzione e contro ogni aspettativa Donald Trump ha vinto le elezioni, diventando presidente e riportando al potere una mentalità conservatrice che con Obama sembrava ormai appartenente al passato.
La prima notte del giudizioIl razzismo, l’intolleranza verso qualsiasi tipo di diversità, la disparità fra i sessi, le armi, il denaro come Dio: tutti temi tornati improvvisamente al centro dell’attenzione.
Hollywood ovviamente non ha perso l’occasione per sfornare palate di film a tema e allo stesso modo l’Academy non ha potuto evitare di assegnare nomination dal valore puramente politico.

Stiamo vedendo prendere piede un cinema d’intrattenimento black, apprezzabile da qualsiasi spettatore ma rivolto in particolare agli afroamericani. Film come Get Out, Black Panther e BlacKkKlansman di Spike Lee che, come abbiamo detto, è forse la principale voce in questa battaglia.

Come è cambiata quindi la saga di The Purge alla luce di queste considerazioni?
Chiaramente, siccome con la trilogia di DeMonaco si esauriva il materiale a disposizione, per continuare la saga è stato necessario andare indietro nel tempo e realizzare un prequel.
Il clima instabile e violento che dominava gli Stati Uniti ha fatto sì che un nuovo partito anti-establishment, quello dei Nuovi Padri Fontadori, vincesse le elezioni, promettendo una politica completamente diversa da quella dei predecessori. Se il riferimento non fosse abbastanza chiaro, a esaurire ogni dubbio ci pensa il discorso del nuovo presidente:

“As your elected president… we make this promess : we will revive this country. American Dream is dead, we will do wathever it takes to let you dream again”.

La prima notte del giudizioGrazie agli studi di una psicologa, salta fuori la proposta dello sfogo, che i Nuovi Padri Fondatori accolgono immediatamente a braccia aperte e decidono di testare in una zona ristretta per vedere se funziona.
Il film è ambientato a Staten Island, nei quartieri popolari abitati più che altro da neri e ispanici. Ovviamente i Nuovi Padri Fondatori hanno scelto di svolgere l’esperimento sociale del primo sfogo in una zona abitata da gente povera, offrendo loro soldi in cambio della partecipazione. I benestanti si sarebbero chiaramente rifiutati, non avendo bisogno di denaro.
Con grande sorpresa però inizialmente non si verifica il massacro auspicato. Soltanto il cattivissimo Skeletor, personaggio in realtà abbastanza inutile, si sfoga con chiunque gli capiti sotto mano.
Interessante è il fatto che i Nuovi Padri Fondatori mandino in onda in televisione e diffondano sul web il video del primo omicidio, tentando di sfruttare i media per far dilagare la violenza e il panico. Ma neanche questo funziona.
Saranno perciò costretti ad assoldare dei mercenari vestiti da membri del KKK e generali delle SS per smuovere la situazione.

Veniamo quindi all’eroe del film, il vero protagonista: Dimitri, un gangster che gestisce tutte le attività illegali della zona, dal traffico di armi a quello di droga, ma che comunque è più legato al suo quartiere di quanto inizialmente sembri, tanto che alla fine ne diventerà il difensore.

La prima notte del giudizioViene ripreso l’immaginario del gangster nero promosso soprattutto da gran parte della musica Hip Hop. Non a caso infatti la colonna sonora è composta soprattutto da canzoni rap e trap, arrivando addirittura a chiudere il film con “Alright” di Kendrick Lamar, personaggio di spicco per quanto riguarda le battaglie della comunità afroamericana e che ha curato anche la colonna sonora di Black Panther.
In La notte del giudizio: Election Year l’eroe era la senatrice Roan, una politica, perché era necessario, in periodo di campagna elettorale, infondere nuovamente fiducia nella classe politica.
Ora che Trump è al governo e che la gran parte di Hollywood gli si è schierata contro, ora che le minoranze e le classi più deboli sono al centro dell’attenzione, si ritorna al popolo e l’eroe diventa un gangster con a cuore il suo quartiere, un gangster che si redime dei suoi crimini, che non vengono celati allo spettatore, diventando un simbolo per la sua comunità.

Il finale lascia intendere che la lotta non è finita ma che andrà avanti ancora per molto tempo.
“E ora cosa facciamo?”
“Ora… si combatte.”

La prima notte del giudizio è un film d’intrattenimento che svolge il suo dovere, nonostante la sceneggiatura abbastanza debole. Visivamente è molto curato e nella seconda parte l’azione prende il sopravvento, facendo il verso a Die Hard e addirittura a The Raid, in particolare in una scena di combattimento girata in stile David Leitch/ Chad Stahelski all’interno di un palazzo popolare.
È un film che intrattiene, nonostante i suoi difetti e certi personaggi eccessivamente macchiettistici.

Come al solito però, quando si parla di The Purge, la cosa che ci interessa maggiormente è il significato politico che assume il film, un significato molto forte che ancora una volta è riflesso dell’attuale situazione degli Stati Uniti. Vedremo se anche la serie tv sarà sulla stessa lunghezza d’onda.

Viene da chiedere una cosa però: questo filone che sta prendendo piede con Get Out, Black Panther e La prima notte del giudizio è veramente interessato a trattare tematiche sociali o sta soltanto cavalcando l’onda? Si tratta comunque di film che hanno incassato cifre esorbitanti e come il dubbio è lecito: qual è la linea che separa il reale interesse dai profitti? Lascio a voi la risposta.

Intanto, per chi fosse particolarmente interessato alle campagne pubblicitarie dei film, consiglio di dare un’occhiata a questo spot di La prima notte del giudizio, facendo particolare attenzione all’immagine con cui si chiude, ennesimo riferimento diretto a Trump:

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

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