Tarantino torna con un nuovo film, a tre anni di distanza da “Django Unchained”[1].
“The Hateful Eight” è il nome dell’ottava attesissima pellicola del regista.
La storia della sua produzione è molto travagliata: già dal novembre 2013 si seppe che Tarantino stava lavorando ad un nuovo progetto e poco dopo venne reso noto anche il titolo. La produzione si interruppe però a metà 2014 quando il copione venne diffuso online e il regista decise di abbandonare il film. Fortunatamente ciò non è accaduto poiché Tarantino decise di riscrivere la sceneggiatura e così le riprese sono cominciate verso l’inizio del 2015.
Tuttavia, poco prima dell’uscita nelle sale, sono comparsi sul web dei leak di “The Hateful Eight” e “The Revenant”[2], l’ultimo di Iñárritu[3].
Intanto tutti questi sono solo alcuni dei vari imprevisti che si sono verificati: basta pensare agli scontri con la Disney[4] che, con metodi molto discutibili, ha messo a rischio in America la proiezione in 70mm della nuova fatica di Tarantino, per non parlare poi del Fraternal Order of Police[5], insieme di sindacati autonomi di polizia, che ha dichiarato pubblicamente il boicottaggio del film in risposta all’intervento di Quentin contro le violenze sui neri da parte della polizia. Insomma si tratta di un’opera che già prima della sua uscita ha fatto parlare molto di sè.
Del resto il regista ha avvertito che “Se qualcuno si offenderà – per il linguaggio, per i temi trattati –, se qualcuno vorrà trarne motivo per litigare, devo ammettere che troverà l’occasione per farlo. È un film politico, è vero. Il più politico di tutti i miei otto film” e “Penso di aver scritto qualcosa di molto provocatorio, un film che attacca valori consolidati”[6].
Fatto sta che per ora si è rivelato un semi flop al botteghino, recuperando appena quanto è stato speso per la sua realizzazione e per la campagna pubblicitaria.
TRAMA
In breve, la storia è quella di 8 personaggi che si trovano rinchiusi all’interno di una baita in montagna, bloccati da una tempesta. Ci affidiamo a FilmTv per avere qualche dettaglio in più:
Qualche anno dopo la Guerra civile americana, una diligenza si fa strada nel paesaggio invernale del Wyoming. I passeggeri, il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell[7]) e la latitante Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh[8]), sono diretti verso la città di Red Rock, dove l’uomo, meglio conosciuto come “The Hangman” consegnerà la ricercata alla giustizia. Lungo la strada, incontrano due sconosciuti: il maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson[9]), un nero ex soldato dell’Unione divenuto un famigerato cacciatore di taglie, e Chris Mannix (Walton Goggins[10]), un rinnegato del sud che sostiene di essere il nuovo sceriffo della città. A causa di una bufera di neve, i quattro trovano accoglienza presso un rifugio di montagna, dove ad attenderli non vi sono i proprietari ma quattro facce che non hanno mai visto prima. Bob (Demian Bichir[11]), colui che si occupa del locale in assenza della proprietaria in visita a sua madre, è lì rintanato con il boia Oswaldo Mobray (Tim Roth[12]), con il cowboy Joe Cage (Michael Madsen[13]) e con il generale confederato Sanford Smithers (Bruce Dern[14]). Mentre la tempesta divampa, gli otto viaggiatori capiranno che la loro destinazione non sia così facile da raggiungere. Tra tradimenti e inganni, dovranno cercare di sopravvivere alla situazione.
CRITICA
Tarantino deve essere proprio stanco di come vanno le cose nel suo paese: lo testimoniano le sue dichiarazioni riguardo ai poliziotti violenti e la sua partecipazione alle manifestazioni, ma soprattutto lo testimonia questa pellicola.
Siamo davanti al film più cinico del regista dai tempi di “Reservoir Dogs”[15] e forse, di fronte al più provocatorio in assoluto. Si capisce perché “The Hateful Eight” sia stato quasi completamente snobbato agli Oscar 2016.
Tarantino non inserisce una critica sociale velata – come può essere quella di Iñárritu in “The Revenant” nei confronti delle violenze degli europei contro agli indiani -, non butta qualche frecciatina catartica in modo da ripulire la coscienza del pubblico. No, Tarantino sbatte in faccia a tutti una critica feroce, cinica per l’appunto, che non lascia scampo a nessuno.
Questo perché nessuno dei personaggi che vediamo rinchiusi nella claustrofobica baita è “buono”. Anzi, per meglio dire, apparentemente c’è una netta divisione tra buoni e cattivi, tra giustizia e ingiustizia. Peccato che il confine tra bene e male diventi minuto dopo minuto più incerto, fino a scomparire completamente lasciando spazio soltanto al male.
Lo stesso Tarantino ha detto: “Ho pensato: e se io facessi un film con nient’altro che questi personaggi? Nessun eroe, nessun Michael Landon. Solo un mucchio di cattivi ragazzi in una stanza a raccontare il loro passato, che potrebbe, o meno, essere vero”[16].
La prima cosa che salta all’occhio è la collocazione temporale, ovvero appena dopo la guerra di secessione: non è un caso infatti, poiché i rancori tra nordisti e sudisti sono ben evidenti tra i personaggi, divisi in questi due schieramenti.
Colpisce soprattutto il fatto che Tarantino non fa dei nordisti degli eroi, neanche il personaggio di Samuel L. Jackson lo è.
Il regista non cerca quindi di ricalcare la trama di “Django Unchained” che, nonostante sia un film magnifico, come del resto lo sono tutti i suoi, risulta molto più scanzonato e giocoso rispetto a quest’ultimo. Rischiando anche di fare un doppione di esso (per i temi trattati e il genere), in verità, incredibilmente, Tarantino è riuscito a fare meglio.
Non che “Django” si facesse mancare qualche frecciatina irriverente, come la scena del Ku Klux Klan, però manteneva un tono generale decisamente più positivo: si percepiva un netto confine tra bene e male e la conclusione vedeva la vittoria finale del protagonista che otteneva la sua vendetta.
In questo “The Hateful Eight” invece si riesce a ridere per certe situazioni, poiché sempre di Tarantino si sta parlando, ma c’è sempre un’amarezza di fondo che, infine, esploderà nell’ultimo capitolo in maniera veramente brutale. Se in tutto il corso del film non sembra esserci una grande differenza tra nordisti e sudisti, essendo tutti indistintamente violenti e menzogneri, nel finale abbiamo una sorta di collaborazione tra le due parti. Dopo il massacro che avviene nella seconda parte del film infatti, rimangono vivi solamente 3 personaggi: lo sceriffo sudista, il Maggiore Marquis Warren e Daisy Domergue .
Daisy non ha parte in questo conflitto tra nord e sud, è una fuorilegge, appartenente ad un gruppo di banditi.
Lo sceriffo e il Maggiore Warren invece sono in conflitto fin dall’inizio del film, salvo nel finale: i due si ritroveranno ad allearsi, ormai feriti e prossimi alla morte, per vendicarsi e uccidere Daisy, in parte causa della loro sventura. Ma soprattutto per portare a compimento il patto stipulato tra il Maggiore Warren e il Boia.
Ed è così che, doloranti e letteralmente immersi nel loro sangue, mettono fine alla loro rivalità per impiccare la criminale: e allo stesso modo, finiscono le rivalità tra nord e sud ed è così che nasce la nuova America, quella della giustizia e della convivenza pacifica tra le due parti che prima erano in lotta. Poche metafore, è tutto mostrato in scena.
La rivalità tra le due parti si supera con ciò che hanno in comune: la violenza, le armi, il sangue, la vendetta, ovvero le fondamenta di una nuova convivenza.
È da notare inoltre come Tarantino abbia inserito ben due inquadrature in cui delle racchette da neve appese al muro sembrano delle ali angeliche che spuntano dalla schiena di Daisy. Si tratta di un fatto puramente estetico? Il regista sembra quasi dirci che, in fondo, la criminale è in un certo senso la più “pura” dei personaggi, nonostante neanche lei venga risparmiata dalla feroce critica. Mentre gli altri personaggi appartengono alla nuova America, quella della falsa convivenza pacifica, della falsa giustizia, Daisy rappresenta un’America che ormai non esiste più, in cui non ci si nascondeva dietro alla facciata dei nuovi valori. Daisy appartiene ad un’epoca in cui la violenza era esibita senza essere mascherata da giustizia; in un certo senso è la più coerente, ci viene subito presentata come criminale e non lo nega mai.
Per concludere in bellezza i due nuovi “amici” leggono la lettera (ovviamente falsa) che Lincoln scrisse al Maggiore Warren. La lettera parla dei tempi che cambiano, di un avvenire migliore che attende l’America. “We still have a long way to go, but hand in hand i know we’ll get there”.
Ma, trattandosi di una pellicola con una doppia faccia, la lettera si rivela falsa, così come false sono le promesse di un futuro migliore.
E neanche il cinema, come in “Inglourious Basterds”[17], può cambiare la storia: questo è Tarantino all’apice del suo cinismo.
“Non prendetelo come una metafora, cercate di prenderlo per quello che è: una storia, un mistery, un genere, un suspense, un western. Vorrei solo che la gente si divertisse. Che rida, che si stupisca di stare ridendo, che rabbrividisca per l’orrore, insomma… che abbia delle reazioni.”[18]
Tarantino infatti non fa metafore, va diretto al punto: non allude ma mette in primo piano davanti agli occhi di tutti il suo messaggio che non può essere frainteso. Sarà per questo che l’Academy non lo ha ritenuto degno di una nomination? Chissà.
C’è da dire poi che il film, oltre che per la critica sociale, funziona come prodotto d’intrattenimento: Tarantino non delude neanche sotto questo punto di vista, facendo passare allo spettatore 3 ore tesissime creando un film molto claustrofobico, che si avvicina di più al mistery o a un dramma da camera che al western.
Come al solito la storia è ambientata in un mondo che allo stesso tempo è anche il nostro, un mondo reale ma allo stesso tempo distaccato da quello a cui siamo abituati, quasi sospeso tra la realtà e l’immaginazione, un fattore che caratterizza da sempre tutti i film di Tarantino e che ci permette di non rimanere troppo sorpresi dai vari eccessi. Ritornano infatti elementi tipici del suo mondo, come il celebre tabacco Red Apple.
Non mancano poi le svariate citazioni a cui ci ha abituato il regista che però questa volta prende ispirazione in particolare dal western televisivo seriale dei ’60-‘70 (serie come “Bonanza”[19], “Ai confini dell’Arizona”[20], “The Virginian”[21]). Palesi anche i rimandi al tanto adorato Sergio Leone[22] (a partire dalla strepitosa colonna sonora, per la prima volta originale, di Ennio Morricone[23]). Altre fonti d’ispirazione sono state sicuramente i gialli della Christie[24] (“Dieci piccoli indiani”[25] su tutti) e “The Thing”[26] di Carpenter[27], pellicola che mostrava una situazione ugualmente claustrofobica in cui non si sapeva di chi fidarsi. Sottili ma ben presenti anche i riferimenti al capolavoro “Stagecoach”[28] di Ford[29] e il volto attraversato dalle striature di sangue di Daisy Domergue che ricorda molto la “Carrie”[30] di Brian De Palma[31].
Il film intrattiene nonostante sia ambientato per la maggior parte all’interno della stessa stanza, risultando anche il più teatrale fra tutti i film del regista. I dialoghi trasudano l’essenza stessa di Tarantino e a Samuel L. Jackson viene riservato un monologo da pelle d’oca, ai livelli dell’“Ezechiele 25:17” di “Pulp Fiction”[32].
“The Hateful Eight” potrebbe benissimo essere l’ultimo film del regista, se non fosse che, secondo le sue dichiarazioni ne vedremo come minimo altri due. Sembra infatti chiudere alla perfezione un cerchio, un ritorno perfetto alle atmosfere di “Reservoir Dogs”. Chissà cosa ci riserverà Tarantino per il futuro: “Kill Bill 3”? Un horror? Chi lo può dire. Sicuramente però riuscirà a sorprenderci ancora una volta, perché il suo è Cinema, vero Cinema.
ASPETTI TECNICI
Tecnicamente “The Hateful Eight” è impeccabile.
Tarantino ha voluto fare le cose in grande, utilizzando la pellicola in 70mm e preferendo al aspect ratio tradizionale, un inusuale 2.75:1, formato che veniva utilizzato tra gli anni ’50 e ’60, per kolossal come “Ben Hur”[33].
Il 70mm permette infatti, rispetto al canonico 35, di impressionare un fotogramma più grande dando una maggiore definizione alle immagini. Un chiaro ritorno alle origini, sottolineato da un’ apertura che prevede un’ ouverture tremolante di 4 minuti del Maestro Morricone che di fatto, apre la pellicola.
La scelta di questo particolare e costoso formato, l’Ultra Panavision 70[34], ormai tristemente in disuso, conferisce una visione più ampia e definita ma non è solo questo l’intento, poiché tutto ciò permette di girare gestendo la scena come se fosse teatrale e non nasconde una probabile affezione all’analogico da parte del regista. La visione più ampia contrasta palesemente con le anguste pareti della stanza dove i protagonisti fanno la maggior parte della loro comparsa e conferisce ai paesaggi innevati l’immensità che meritano. La scelta dell’Ultra Panavision 70 è motivata non tanto dalle riprese in esterno, bensì dalla volontà del regista di mostrare in scena più personaggi su diversi livelli. La maggior parte delle inquadrature ha infatti più piani nei quali agiscono i diversi personaggi. In questo modo lo sguardo dello spettatore non si concentra soltanto su un personaggio in primo piano, ma può spaziare nell’inquadratura.
“Per cogliere quel desolato paesaggio western, la neve, la bellezza di quelle location, il 70mm sarebbe stato perfetto”, dice Tarantino “Sono convinto che questi grandi formati permettano una maggiore intimità, ti fanno stare più vicino ai personaggi, ti portano dentro la scena. Non penso che sia un formato adatto solamente ai documentari di viaggio”[35].
Nonostante le sue 3 ore e 8 minuti – se consideriamo l’intervallo della proiezione su 70mm e l’Overture di Morricone in preludio alla visione – “The Hateful Eight” non risente di alcuna pesantezza. La visione è infatti scandita dalla tipica ( ormai universalmente riconosciuta come vero e proprio marchio di fabbrica del regista), divisione in ‘chapter’ (6 in questo caso) e dal rimescolamento di questi ultimi.
La violenza, il tripudio di sangue, il velato citazionismo e l’ autocitazionismo “esplodono” quasi letteralmente e teatralmente in un finale che si traduce in una successione di azioni paradossali e più che mai tipicamente tarantiniane. Non manca inoltre l’intervento di un narratore che si rivolge direttamente al pubblico: non è presente dall’inizio, compare solo per una volta appena dopo l’intervallo (come nell’inizio di “Kill Bill Vol 2”[36]). Non importa sapere se sia intero o esterno alla vicenda, questa è una strategia tipica di Tarantino che non riesce proprio a rimanere ai margini alla storia. Come in “Pulp Fiction”, quando Mia traccia con le dita un quadrato sospeso in aria (ma anche come quando Kurt Russel, in “Death proof”[37], fa l’occhiolino al pubblico prima entrare in auto e combinare una strage), proprio nel momento in cui si raggiunge il culmine della tensione e lo spettatore è completamente immerso nella narrazione, Tarantino gli da un sonoro schiaffo in faccia, svegliandolo e ricordandogli che è solo una storia, è solo Cinema.
Magistrale la fotografia del fidato Robert Richardson[38], che riesce a catturare paesaggi cupi e freddi e lo splendore dei colori accessi all’interno dell’emporio, portando inoltre sulla scena un’illuminazione molto particolare come avviene nella sequenza della diligenza, con la luce che filtra dalle finestrelle. Una fotografia che riprende alla perfezione il filone narrativo della pellicola e che riesce ad adattarsi alle esigenze di chi l’ha concepita.
Evitiamo di dilungarci con pareri su una regia più che impeccabile: la sola apertura, con la lenta carrellata all’indietro del Cristo appesantito dalla neve e la scena che si apre sulla distesa desolata solcata dall’arrivo della diligenza, accompagnata dal brano di Morricone in sottofondo, è da antologia.
Una particolare nota di merito è attribuibile anche all’uso dei piani che il regista riesce a mettere in pratica: come nel piano sequenza in cui Daisy intona un canto scandito dal suono della chitarra e alle sue spalle, il suo carnefice e il fidato cocchiere sorseggiano caffè noncuranti della fine che li attende. In unico modo si raccontano due diverse azioni e la loro sovrapposizione non può che culminare nella tensione più totale.
Anche i numerosi primi piani, ricchi di dettagli, si prestano come a uno studio e a un’osservazione più accurata di ogni personaggio, perché, alla fine, nessuno (tranne il Boia, John Ruth) si rivelerà sincero.
Tarantino inserisce poi le inquadrature impossibili a cui ci ha abituato, come quella in cui vengono messi a fuoco contemporaneamente lo sceriffo in primo piano e il maggiore Warren sollo sfondo, proprio come succede, ad esempio, in “Death proof” o in “Reservoir Dogs”.
Bisogna poi sottolineare le incredibili performance di ogni singolo attore: Kurt Russell incarna la giustizia violenta di John “Il Boia” Ruth, in un’interpretazione perfetta. Samuel L. Jackson, il veterano cacciatore di taglie si lancia in sguaiate risate nonostante le costanti derisioni razziste delle quali è vittima mentre Tim Roth ricalca magistralmente il Christoph Waltz[39] di “Django” e il personaggio del cowboy taciturno è portato in scena dall’iconico Michael Madsen.
Ma il tocco finale a un cast magnifico viene aggiunto dalla tumefatta e sprezzante Daisy Domergue che ha il volto di una formidabile Jennifer Jason Leigh: essa è l’incarnazione stessa della vecchia America che viene maltrattata e picchiata dal Boia per buona parte del film. Daisy, per l’ottica di John Ruth non è né uomo né donna, è solo un assassino.
La colonna sonora del Maestro Ennio Morricone è l’apice del tutto: come se fosse una conquista, una lenta a agognata conquista da parte di Tarantino (il regista non ha mai nascosto la sua dedizione al noto compositore), Morricone si concede finalmente regalando una colonna sonora che aderisce alla perfezione a ogni scena che accompagna.
“The Hateful Eight” è tutto questo (e forse molto di più) ma è anche, sostanzialmente, l’omaggio di Tarantino a tutto ciò che più ama in assoluto e un ritorno alle origini compiuto che non scade mai nella ripetizione.
Il rimescolamento dei generi, delle situazioni e di tutte le performance ci offre un terribile affresco di un’umanità brutale che, nonostante alcuni pochi ma sinceri gesti casuali di gentilezza, alla fine si lascerà sopraffare dalla propria bestialità.
Un cerchio perfetto che si chiude, dove ogni personaggio è una messa in scena di sé stesso e la rappresentazione si traduce in un’accurata lode al cinema in quanto tale.
Scritto da: Tomàs Avila e Molly Jensen.
Note:
[1] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1853728/?ref_=nv_sr_1 .
[2] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1663202/?ref_=nv_sr_1 .
[3] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0327944/?ref_=nv_sr_1 .
[4] Link all’articolo: http://www.wired.it/play/cinema/2015/12/17/quentin-tarantino-disney-star-wars/ .
[5] Link all’articolo: http://www.hollywoodreporter.com/news/fraternal-order-police-quentin-tarantino-837394 .
[6] Link all’articolo: http://www.repubblica.it/venerdi/2016/01/14/news/copertina_nel_suo_genere_ma_quale_splatter_e_il_mio_film_piu_politico_cuxt_sdffg_copertina_nel_suo_genere_copertin-130800579/ .
[7] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000621/?ref_=nv_sr_1 .
[8] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000492/?ref_=nv_sr_1 .
[9] Link IMDB dell’attoer: http://www.imdb.com/name/nm0000168/?ref_=nv_sr_1 .
[10] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0324658/?ref_=nv_sr_1 .
[11] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0065007/?ref_=fn_al_nm_1 .
[12] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000619/?ref_=nv_sr_1 .
[13] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000514/?ref_=nv_sr_1 .
[14] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0001136/?ref_=nv_sr_1 .
[15] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0105236/?ref_=fn_al_tt_1 .
[16] Link all’articolo: http://www.chotto-matte.net/movies/the-hateful-eight-recensione/ .
[17] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0361748/?ref_=nv_sr_1 .
[18] Link all’articolo: http://www.repubblica.it/venerdi/2016/01/14/news/copertina_nel_suo_genere_ma_quale_splatter_e_il_mio_film_piu_politico_cuxt_sdffg_copertina_nel_suo_genere_copertin-130800579/ .
[19] Link IMDB della serie tv: http://www.imdb.com/title/tt0052451/?ref_=nv_sr_1 .
[20] Link IMDB della serie tv: http://www.imdb.com/title/tt0061263/?ref_=fn_al_tt_1 .
[21] Link IMDB della serie tv: http://www.imdb.com/title/tt0055710/?ref_=nv_sr_1 .
[22] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0001466/?ref_=nv_sr_1 .
[23] Link IMDB del compositore: http://www.imdb.com/name/nm0001553/?ref_=nv_sr_1 .
[24] Link Wikipedia della scrittrice: https://it.wikipedia.org/wiki/Agatha_Christie .
[25] Link Wikipedia del libro: https://it.wikipedia.org/wiki/Dieci_piccoli_indiani .
[26] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0084787/?ref_=fn_al_tt_1 .
[27] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000118/?ref_=tt_ov_dr .
[28] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0031971/?ref_=nv_sr_1 .
[29] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000406/?ref_=tt_ov_dr .
[30] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0074285/?ref_=nv_sr_6 .
[31] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000361/?ref_=tt_ov_dr .
[32] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0110912/?ref_=nv_sr_1 .
[33] Link IMDB al film: http://www.imdb.com/title/tt0052618/?ref_=fn_al_tt_1 .
[34] Link Wikipedia: https://en.wikipedia.org/wiki/Ultra_Panavision_70 .
[35] Link dell’articolo: http://www.giornalettismo.com/archives/2005817/the-hateful-eight-tarantino/ .
[36] Link IMDB al film: http://www.imdb.com/title/tt0378194/?ref_=nv_sr_2 .
[37] Link IMDB al film: http://www.imdb.com/title/tt1028528/?ref_=nv_sr_1 .
[38] Link IMDB del direttore della fotografia: http://www.imdb.com/name/nm0724744/?ref_=nv_sr_1 .
[39] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0910607/?ref_=nv_sr_1 .