Regia: Andrew Niccol.
Soggetto: Andrew Niccol.
Sceneggiatura: Andrew Niccol ann.
Colonna sonora: Christophe Beck.
Direttore della fotografia: Amir Mokri.
Montaggio: Alex Rodrìguez.
Produttore: K5 Film, K5 International, K5 Media Group.
Anno: 2018.
Durata: 100’.
Paese: UK.
Interpreti e personaggi: Clive Owen (Sal Frieland), Amanda Seyfried (The Girl), Colm Feore (Detective Charles Gattis), Sonya Walger (Kristen).
Sono passati ormai due anni da quando abbiamo parlato di Good Kill, il film di Andrew Niccol che è stato accolto abbastanza negativamente e che invece aveva degli spunti molto interessanti.
Nella pellicola del 2014, il regista (e sceneggiatore) si concentrava su uno dei nuovi modi di fare la guerra: l’utilizzo dei droni da combattimento. Niccol rifletteva su un tipo di visione aerea che permette di avere un (presunto) controllo totale. Si capiva poi come in realtà neanche questa modalità di visione, che ricorda quella che si potrebbe associare a una divinità onnisciente, fosse completamente affidabile, lasciando sempre spazio a un margine d’errore che non si può trascurare.
Tre anni dopo, Niccol torna alla regia con Anon, un film di fantascienza distribuito da Netflix che porta avanti il discorso cominciato con Good Kill, mettendo in scena l’ennesimo futuro distopico della sua carriera, dopo Gattaca e In Time.
Un detective (Clive Owen) vive in un mondo dove la privacy e l’anonimato sono stati eliminati. Un giorno scopre l’esistenza di una donna (Amanda Seyfried) che non ha impronte digitali e non è riconoscibile. L’incontro con lei lo condurrà sulle tracce di un pericoloso crimine in atto. (da mymovies)
Anon esce nel periodo giusto, poco dopo i vari scandali che hanno coinvolto Facebook e che hanno riportato al centro del dibattito pubblico la questione della privacy.
Unendo Strange Days di Kathryn Bigelow, Minority Report di Spielberg e qualche spunto di Ghost in the shell di Mamoru Oshii, Niccol si immagina un futuro in cui gli smartphone si sono evoluti in dei chip sottocutanei che in sostanza rendono le persone reali e i loro profili social un’unica cosa.
Tramite un sistema di visione chiamato Mind’s Eye ognuno è come se avesse dei Google Glass che gli permettono di avere informazioni riguardo a tutto ciò che ha attorno.
Niccol prende ispirazione a tutti i prodotti che hanno diffuso l’estetica del p.o.v., dai videogiochi alla pornografia e infatti abbondano le soggettive dei vari personaggi.
La fusione tra uomo e tecnologia però non è rappresentata nel suo aspetto fisico e carnale come avviene, per esempio, nei film di Cronenberg, Videodrome su tutti. L’uomo non subisce mutazioni fisiche visibili, il Mind’s Eye è solo la naturale evoluzione del mondo dei social com’è adesso.
Ovviamente a fare uso di tutte le informazioni immagazzinate da questo sistema è la polizia, in grado di vedere i backup delle registrazioni effettuate dagli occhi di qualsiasi persona faccia parte del sistema.
Niccol porta avanti il concetto di visione onnisciente di Good Kill, così come quella di uno sguardo panottico, controllore e repressivo, a cui non sfugge nulla. Ancora una volta però il regista ci mostra come la nostra società tenda a fidarsi troppo del senso della vista di cui fin da Blow Up se ne esibiscono i limiti.
La società distopica di Anon porta alle estreme conseguenze un modo di ragionare che è già ampiamente consolidato nel nostro presente: se una cosa non si vede non esiste e viceversa per esistere bisogna essere visibili. È il modo in cui ragionano i media e in cui ragionano i social, non è fantascienza ma è qualcosa di cui siamo tutti a conoscenza. In un mondo dominato dalla visione, cosa può essere più pericoloso di qualcuno in grado di hackerarla e ingannarla?
Il protagonista fin dall’inizio mostra di non essere molto convinto del sistema di cui fa parte, infatti ciò che immediatamente lo affascina, in mezzo al mare di informazioni nel quale si muove, è la ragazza anonima nella quale si imbatte casualmente per strada che diventa il suo sogno erotico.
In un mondo in cui in sostanza non c’è più una distinzione tra pubblico e privato, in cui si sa tutto di tutti, ciò che attira di più è l’anonimato, l’unico gesto di protesta possibile: l’invisibilità.
Interessante è anche il modo in cui regista studia le ambientazioni che sono sempre spoglie, fredde e minimaliste, prevalentemente in cemento, ferro e vetro. Sono diverse le scene in cui vediamo grandi spazi pubblici completamente vuoti.
La vita si è quasi completamente trasferita nel ciberspazio immaginato da William Gibson, facendo sì che il mondo reale sia ridotto a una landa desolata. Anche i cartelloni pubblicitari non esistono più nel mondo reale ma sono solo visibili attraverso il Mind’s Eye che, ovviamente, ci suggerisce cosa acquistare.
Niccol con Anon fa centro ancora una volta, dimostrando nuovamente di essere uno degli autori più interessati a utilizzare la fantascienza per trattare temi di attualità, come ha sempre fatto.
Non dimentichiamoci che c’è lui dietro a The Truman Show, uno dei film più importanti degli ultimi vent’anni.
Niccol è uno dei pochi registi in grado di far riflettere, creando dei mondi immaginari molto vicini al nostro, riuscendo dove le ultime stagioni della serie di culto Black Mirror ha fallito.
Scritto da: Tomàs Avila.