KAMIKAZE GIRLS
Regia: Tetsuya Nakashima.
Soggetto: L’omonimo romanzo di Nobara Takemoto.
Sceneggiatura: Tetsuya Nakashima.
Musiche: Toyohiko Kanahashi.
Direttore della fotografia: Masakazu Ato.
Produttore: Kazuya Hamana, Takeshi Hirano, Yuji Ishida, Kunikatsu Kondo, Masayuki Miyashita, Satoru Ogura, Yokichi Ohsato, Arimasa Okada, Sachiko Sone, Yutaka Suzuki.
Montaggio: Yoshiyuki Koike, Chiaki Toyama.
Anno: 2004.
Durata: 102’.
Paese: Giappone.
Interpreti e personaggi: Kyoko Fukada (Momoko Ryugasaki), Anna Tsuchiya (Ichigo Shirayuti), Hiroyuki Miyasako (padre di Momoko), Sadao Abe (Ryuji l’unicorno), Eiko Koike (Akimi), Shin Yazawa (miko), Hirotaro Honda (boss della yakuza).
È nel 2004, con questo film, che Nakashima fa il botto ricevendo consensi da tutte le parti e diventando un regista trai più considerati in Giappone e conosciuto anche all’estero. Già perché questa è una delle sue due pellicole che sono arrivate persino qui in Italia nonostante la sua stranezza.
La storia racconta di un’amicizia molto particolare tra due ragazze mezze pazze ed emarginate dalla società. La prima, Momoko Ryugasaki, è una ragazza che vive seguendo i principi del rococò: non fa nulla tutto il giorno a parte il dedicarsi ai suoi adorati vestiti e il mangiare dolcetti. Per la sua stranezza viene continuamente presa in giro ed emarginata dai suoi compagni di classe, non ha mai avuto amici. Non che la cosa l’affligga, infatti Momoko sta benissimo così, da sola e senza distrazione che le impediscano di dedicarsi a tempo pieno ai suoi abiti. La sua situazione familiare non è delle migliori: dopo il divorzio dei genitori vive con il padre, fallito e senza una vera e propria occupazione, e con la nonna.
La cosa che più colpisce di Momoko è la sua apatia, la sua indifferenza nei confronti di ogni cosa e di ogni persona.
La seconda si chiama Ichigo Shirayuri ed è una ragazza tosta, violenta ed aggressiva, membro di un clan di motocicliste. Avremo modo di scoprire che il suo passato è stato molto infelice. Ichigo era stata infatti vittima di bullismo da parte dei suoi compagni di classe ed era sempre stata un’esclusa, fino a quando l’incontro con una persona le cambiò la vita.
Il film è tutto incentrato sul rapporto tra le due protagoniste che, pian piano, nonostante siano apparentemente l’una l’opposta dell’altra, instaureranno un profondo e sincero rapporto d’amicizia.
È forse proprio la loro diversità a renderle così simili. Entrambe sono sempre state emarginate e non hanno mai avuto dei veri amici. Scopriremo che anche Ichigo, nonostante faccia parte del clan di motocicliste a cui è molto legata, non ha delle grandi amiche anche all’interno di questo gruppo.
Il legame tra le due diverrà così intenso che entrambe rinunceranno alle uniche cose alle quali erano aggrappate nella loro solitudine: Momoko darà più attenzione alla sua amica rispetto ai suoi vestiti e Ichigo rinuncerà al clan di motocicliste.
La storia è raccontata sempre in modo molto divertente e giocoso, infatti, seppure questo titolo non sia ascrivibile ad un genere ben definito, sono molti gli elementi tipici della commedia. La comicità è fragorosa e a volte molto demenziale. I primi minuti del film possono risultare piuttosto ostici e spiazzano lo spettatore non abituato a trovarsi di fronte ad un prodotto del genere.
Col passare del tempo invece ci si affeziona sempre di più alle due protagoniste fino ad arrivare ad un finale che riesce anche a commuovere, non rinunciando in ogni caso alla comicità.
I personaggi di contorno sono tutti molto stravaganti e caricaturali, eccessivi come è eccessiva questa vicenda.
Sicuramente Kamikaze Girls rappresenta un punto di svolta molto importante per la carriera di Nakashima, non solo perché, come già detto, è il film che lo porta al successo, ma soprattutto perché l’estetica delle sue opere cambierà radicalmente a partire da questo titolo.
Se confrontiamo Kamikaze Girls con i due lavori precedenti (del regista), notiamo che sono completamente diversi: la naturalezza e la semplicità di “ Happy go lucky “ e “ Beautiful sunday “ viene completamente abbandonata a favore di un’estetica irrealistica, stracolma di colori e che molto attinge dal mondo dei fumetti, in particolare dei manga. Vi sono addirittura delle sequenze di animazione, integrate benissimo con il resto del film. Tutto è portato all’eccesso, proprio come dicevamo prima riguardo ai personaggi e alla storia.
La fotografia è caldissima e ogni inquadratura è colma di colori sferzanti. Le scenografie sono anch’ esse riempite, fino a quasi scoppiare, di oggetti colorati, specialmente la casa di Momoko ed il negozio di vestiti da lei frequentato.
Per non parlare dei costumi, dagli abiti di Momoko che ,come abbiamo detto, è affascinata dal rococò, a quelli di Ichigo e delle altre motocicliste, in pieno stile yanki.
Ci troviamo quindi davanti ad un’opera importante per la carriera di Nakashima che però, a parer mio, non riesce a gestire bene questo miscuglio di comicità, stile colorato ed eccessivo e critiche alla società giapponese. Con questo non sto dicendo che “Kamikaze Girl” sia un brutto film, tutt’altro. Si tratta di sicuro di un ottimo lavoro, anche se non ai livelli dei successivi.
La cosa che sicuramente funziona in questo film, e non è poco, sono le due protagoniste. Entrambe sono indimenticabili, merito delle due attrici, Kyoko Fukada e Anna Tsuchiya, che hanno dato delle ottime prove, in particolare la seconda che ritroveremo in una parte simile, da dura col cuore tenero, in “Paco and the magical book”.
Per vedere i premi vinti da “Kamikaze Girl” andate a questa pagina: http://www.imdb.com/title/tt0416220/awards?ref_=tt_awd .
A Kamikaze Girl segue un film per la televisione “Tora to lion to gonin otoko”, sempre del 2004. Dopo di che il regista riprenderà con le produzioni importanti, girando 4 grandi film.
MEMORIES OF MATSUKO
Regia: Tetsuya Nakashima.
Soggetto: L’omonimo romanzo di Muneki Yamada.
Sceneggiatura: Tetsuya Nakashima e Muneki Yamada.
Musiche: Gabriele Roberto, Takeshi Shibuya.
Direttore della fotografia: Masakazu Ato.
Produttore: Yuji Ishida, Keita Kodama, Yasuhiro Mase, Hidemi Satani, Yutaka Suzuki.
Montaggio: Yoshiyuki Koike.
Anno: 2006.
Durata: 130′.
Paese: Giappone.
Interpreti e personaggi: Miki Nakatani (Matsuko Kawajiri), Eita (Sho Kawajiri), Yusuke Iseya (Yoichi Ryu), Mikako Ichikawa (Kumi Kawajiri), Asuka Kurosawa (Megumi Sawamura), Gori (Shuji Okura), Shinji Takeda (Onodera), Yoshiyoshi Arakawa (Kenji Shimazu), Gekidan Hitori (Takeo Okano), Magy (Detective).
Inizio a parlare di questo film dicendo che per me è, insieme a Confessions, il miglior film di Nakashima.
Il regista riadatta il romanzo omonimo di Muneki Yamada e racconta questa volta una storia veramente drammatica, cruda, violenta e struggente.
Un ragazzo sbandato che sogna di fare il cantante di nome Show Kawajiri, viene contattato dal padre che gli riferisce dell’omicidio di una zia che nemmeno conosce e lo incarica di ripulire il suo appartamento.
Il ragazzo, una volta nell’appartamento, inizierà a ripulirlo e farà una serie di incontri che lo aiuteranno a capire meglio chi era questa misteriosa zia.
Tramite una serie di lunghissimi flashback ci viene raccontata così la storia di Matsuko Kawajiri, la zia di Shou. Questa, fin da piccola, non viene considerata dal padre, che rivolge tutte le sue attenzioni alla piccola sorella malata, Megumi. Matsuko a 23 anni diventa una professoressa di musica ma perderà il posto in seguito ad un furto di soldi, commesso da uno dei suoi studenti, per il quale lei si prenderà la colpa.
La donna decide di lasciare la casa dei suoi genitori, delusi e disgustati da lei, per cominciare una serie di rapporti con vari uomini che però si riveleranno essere sempre dei violenti che abusano della sua bontà d’animo e del suo abbandonarsi completamente alle persone.
Arriverà a fare la prostituta e, dopo aver commesso un omicidio riesce a fuggire dal mondo della prostituzione.
Conoscerà poi un parrucchiere, un uomo che per la prima volta non la maltratta e che si rivela essere molto dolce. La felicità durerà per poco perché la sfortunata verrà cercata dalla polizia e chiusa in prigione per otto anni.
Uscita dalla prigione troverà il parrucchiere felicemente sposato e con un figlio.
Nonostante il fato non sia stato clemente con Matsuko, questa non si abbatterà bensì, uscita di prigione, inizierà una nuova storia d’amore con il suo ex allievo che l’aveva fatta licenziare, ormai cresciuto e divenuto uno yakuza. Anche questo però si rivelerà essere un violento, nonostante ami Matsuko.
In seguito a varie vicende, la donna verrà abbandonata anche da quest’ ultimo.
Dopo aver tentato un fallito riavvicinamento alla famiglia, la protagonista perde ogni speranza e si rinchiude in un piccolo appartamento dove inizia a mangiare e ad ingrassare. Troverà la speranza un’ultima volta quando si appassionerà ad un cantante J-Pop, del quale diventera una grande fan. Mitsuko proverà a scrivere una lettera al suo nuovo idolo ma non riceverà risposta.
Quando crediamo che per lei ormai sia finita, la donna incontra una sua vecchia amica, ora pornostar, che si offrirà di aiutarla e le darà un biglietto con il suo numero. Mitsuko inizialmente butta il biglietto, poi, ripensandoci, va a recuperarlo dove lo aveva buttato e proprio in questa occasione viene uccisa.
Con questo film, Nakshima segue la strada che aveva intrapreso con “Kamikaze Girl”. Esteticamente perciò, Memories of Matsuko è simile al precedente, grazie anche alla fotografia, sempre di Masakazu Ato.
I colori sono ancora sgargianti, lo stile è molto pop e a tratti fumettistico. La fotografia è fantastica e ogni inquadratura è curatissima. Risalta in particolare l’elemento visivo dei fiori, presenti in gran parte delle inquadrature. L’animazione e la CGI sono ancora più presenti rispetto al titolo precedente.
Cosa è cambiato dunque? È cambiato il rapporto che c’è tra la storia raccontata e lo stile scelto per raccontarla. Come si può capire dal breve riassunto della storia, si tratta di un dramma struggente e veramente crudo. Nakashima decide però di raccontarlo contrapponendovi uno stile coloratissimo e allegro e soprattutto una buona dose di comicità, anche se in questo caso mi sentirei di parlare più di ironia.
Ancora una volta perciò è difficile classificare il film, che alterna il dramma alla commedia e al musical.
Uno dei punti di forza è sicuramente la protagonista, Matsuko. Che il regista prediliga dei personaggi femminimi molto umani e complessi si è capito, basti pensare, oltre a queto film, a “Kamikaze Girl”, “Confessions”, “World of Kanako”. Con Matsuko tocca però la sua vetta più alta, forse addirittura più alta che con Confessions.
Quello di Matsuko è un personaggio molto umano. È una donna molto gentile, debole e che si affida completamente agli altri. Così potrebbe sembrare soltanto una vittima, e in gran parte delle situazioni proposte dal film lo è, tuttavia nasconde anche delle parti oscure dentro di se. Salta subito all’occhio lo strano rapporto che ha con la sorella, diviso tra amore fraterno e odio. Matsuko pare infatti incolpare la sorella della sua infanzia infelice, trascorsa tutta trai continui tentativi di ottenere le attenzioni del padre.
La piccola sorella sembra quasi essere il catalizzatore delle sventure di Matsuko, che più volte scarica su di lei la sua rabbia e la sua frustrazione anzi che rivolgerle verso le vere cause dei suoi problemi.
Ma sono proprio i difetti che rendono grande questo personaggio femminile e che permettono allo spettatore di identificarsi e di soffrire insieme a lei.
Matsuko ha sicuramente dei difetti, non è un personaggio senza macchie, però ciò non giustifica tutte le sventure che le accadono nella vita. Dall’inizio alla fine del film è maltrattata e sfruttata da tutti quanti, anche da chi la ama. Sembra quasi che il fato si diverta a farla soffrire a cercare continuamente di abbatterla. La nostra protagonista però, ad ogni colpo che riceve, riesce a riprendersi e ristabilirsi, andando oltre e trovando di nuovo un motivo per sorridere, per vivere.
E’ indescrivibile la sofferenza e la compassione che proviamo durante la visione del film per la sfortunata Matsuko.
Anche alla fine, quando la nostra sembra aver rinunciato ad andare avanti, avendo addirittura rinunciato alla sua splendente bellezza, mangiando ed ingrassando a dismisura, trova la forza per rialzarsi un’ultima volta. C’è ancora speranza per lei, non si sarebbe abbandonata a se stessa, molto probabilmente sarebbe riuscita a rimettersi in sesto, se non che viene uccisa.
Questo è un punto fondamentale, da chi viene uccisa? Durante il corso della storia, Matsuko si fa certamente dei nemici e in più appare un personaggio misterioso, un uomo in impermeabile e con la faccia sfregiata, che sembrerebbe essere l’assassino. È il primo sospettato della polizia. Alla fine però, tutti i nostri sospetti, ogni idea che ci siamo fatti va in fumo e la protagonista muore in un modo orrendo, crudele e senza motivazioni. Viene uccisa da un gruppo di bambini che, di notte, iniziano a prenderla a mazzate.
Nonostante la drammaticità della situazione, forse una cosa positiva in tutto questo c’è: Matsuko non si è arresa alla fine, è stata uccisa ma non ha rinunciato a cercare di essere felice. E così vediamo una farfalla bianca che si alza da sopra il corpo senza vita della protagonista, come se la sventurata fosse finalmente ripagata per la sua vita di sofferenze e potesse spiccare il volo, alleggerita della pesantezza del suo corpo.
La vediamo infine tornare a casa dalla sua sorellina morta tempo addietro di fronte ad un pubblico che la applaude, tra cui vi è il padre con un sorriso stampato in faccia.
Nakashima è riuscito a portare a termine ciò che aveva iniziato col film precedente, riuscendo a raggiungere la perfetta armonia tra stile e contenuto. Probabilmente è il suo film più struggente e uno dei più nichilisti per come raffigura tutti i personaggi di contorno.
La pellicola ha ottenuto un buon successo di pubblico e di critica, tanto che venne realizzata nello stesso anno una serie tv tratta dallo stesso romanzo di Muneki Yamada.
Per vedere i premi vinti da “Memories of Mitsuko” andate a questa pagina: http://www.imdb.com/title/tt0768120/awards?ref_=tt_awd .
Scritto da: Tomàs Avila.