Prima di cominciare avviso i lettori che sono presenti molti spoiler, necessari per analizzare al meglio il film preso in considerazione.
Regia: Pablo Larrain.
Sceneggiatura: Noah Oppenheim.
Musiche: Mica Levi.
Direttore della fotografia: Stéphane Fontaine.
Produttore: Jackie Productions, Wild Bunch, Fabula, LD Entertainment, Protozoa Pictures, Bliss Media, Why Not Productions.
Anno: 2016.
Durata: 100’.
Paese: USA, Cile, Francia.
Interpreti e personaggi: Natalie Portman (Jackie Kennedy), Peter Sarsgaard (Bobby Kennedy), Greta Gerwig (Nancy Tuckerman), Billy Crudup (Il giornalista), John Hurt (Il prete).
Jackie è il settimo lungometraggio del cileno Pablo Larrain[1], uno dei registi di cui si parla di più ultimamente.
Nel 2015 il suo nome è stato fatto di continuo a causa del durissimo El Club[2], film che è stato presentato a diversi festival, vincendo anche a quello di Berlino. Il 2016 è stato l’anno della consacrazione con Neruda[3] (già uscito da noi l’anno scorso) e Jackie. La particolarità di questo settimo lungometraggio, all’interno della filmografia di Larrain, è che si tratta della sua prima esperienza americana.
Sono passati cinque giorni dalla morte di John Kennedy e la stampa bussa alla porta di Jackie per chiedere il (reso)conto. Una relazione particolareggiata dei fatti di Dallas. Sigaretta dopo sigaretta, Jackie ristabilirà la verità e stabilirà la sua storia attraverso le domande di Theodore H. White, giornalista politico di “Life”. (da Mymovies)
Il progetto è partito dallo sceneggiatore Noah Openheim[4], diversi anni fa, affascinato dalla storica intervista che il giornalista del Life Theodore H. White[5] fece a Jackie Kennedy nel 1963. Inizialmente si era pensato ad una miniserie, diretta da Spielberg.
In seguito si optò per un film e il regista sarebbe dovuto essere Darren Aronofsky[6] che alla fine rimase solo in veste di produttore. Nel 2015, al festival di Berlino (anno in cui, come abbiamo detto prima, è stato presentato El Club) Aronofsky propose a Larrain di girare il film.
Colpisce il fatto che a girare un biopic su una delle donne americane più celebri non sia stato un americano ma un cileno. E a posteriori la scelta si è rivelata corretta perché, come ha dichiarato lo stesso Larrain in un’intervista, non essendo americano ha potuto raccontare la vicenda da un punto di vista esterno.
Ci troviamo davanti a un biopic atipico, molto lontano dai tanti (spesso anonimi) film in stile La teoria del tutto[7] o The Imitation Game[8]. Non si tratta di una mera riproposizione di fatti che tutti conoscono, né di una semplice celebrazione del personaggio di Jackie Kennedy.
Jackie è un film molto personale, in cui il punto di vista del regista (e dello sceneggiatore) prende il sopravvento. Va affiancato ai più grandi biopic degli ultimi anni, quelli come The Social Network[9] o il recente Steve Jobs[10] di Danny Boyle.
I piani temporali vengono mescolati tra di loro, senza indicazioni, come fossero i pezzi di un puzzle che si lentamente viene ricostruito. Ciò che ne viene fuori è un personaggio (il primo personaggio femminile di Larrain) complicato, sfaccettato e contraddittorio. Arrivati alla fine si capisce qualcosa di Jackie Kennedy ma molto, come è giusto che sia, resta misterioso, sospeso.
Quello che potrebbe sembrare il tema principale, l’elaborazione del lutto, è soltanto il punto di partenza di una riflessione che si sviluppa su più livelli. Motivo per il quale Jackie è il classico film che va visto e rivisto, per apprezzare a fondo le varie sfumature.
Chi si aspetta un normale biopic viene poco per volta sorpreso (e volendo anche turbato) da una serie di scelte che sono state fatte.
Per prima cosa la musica di Mica Levi[11] che fanno pensare più a un thriller che a una ricostruzione storica; sono quasi inquietanti e contribuiscono a creare un’atmosfera sempre sospesa, quasi onirica (non a caso è sua la colonna sonora di Under The Skin[12]).
A ciò si accompagna una grandissima Natalie Portman[13] che per gran parte del film cammina per la casa bianca persa e allucinata, come un fantasma.
E in effetti forse questa è una delle sue principali paure: scomparire come un fantasma insieme al marito. Passare da first lady a persona qualunque.
Teme che l’unica cosa che resterà del marito sia un quadro, uno dei tanti raffiguranti presidenti di cui nessuno, dopo anni, si ricorda il nome.
Lo si capisce bene dalla scena in cui è sul carro funebre insieme al fratello del marito, Bob Kennedy. Chiede all’autista se ha mai sentito parlare di James A. Garfield e di William McKinley, due presidenti americani assassinati durante il mandato. L’autista non se li ricorda ma ricorda bene chi è stato Abraham Lincoln.
E allora Jackie vuole organizzare un corteo funebre degno di quello che accompagnò il corpo di Lincoln.
Anche Bob teme che l’epoca dei Kennedy venga dimenticata ma per motivi diversi: Lincoln non viene ricordato per il corteo funebre ma per ciò che ha fatto in vita, per aver abolito la schiavitù. Cosa hanno fatto loro invece? Hanno lasciato aperto il conflitto in Vietnam, non hanno sconfitto la minaccia comunista.
Per un motivo o per l’altro, la paura è quella di essere dimenticati.
Ma nel caso di Jackie, la paura è quella che il marito venga dimenticato o quella di essere lei stessa dimenticata? Forse sta facendo tutto per se stessa più che per John.
Jackie però ha sempre capito l’importanza che aveva l’immagine pubblica. Per questo ha fatto restaurare la Casa Bianca, presentandola per la prima volta, attraverso un documentario che Larrain ricostruisce fedelmente inquadratura per inquadratura, al popolo americano. Per questo ha reso celebri le feste che si svolgevano nella Casa Bianca, che per quel breve periodo è stata la Camelot americana.
Poco importa se poi nel privato le cose non andassero così bene. John la tradiva, anche se poi tornava da lei; praticamente non dormivano più insieme. Ma questo l’America non deve saperlo.
Tutto è giocato tra la falsità e la realtà e Jackie ha un atteggiamento ambivalente nei confronti dei castelli di bugie che vengono costruiti. Da una parte è insofferente a tutte le bugie che vengono raccontate, dall’altra però è entrata a far parte di questo meccanismo. Come dice lei: a un certo punto si è persa, iniziando a confondere la realtà e la recita (il suo personaggio inizia infatti a dividersi tra immagine reale e le diverse immagini riflesse negli specchi e nei finestrini).
Quindi quello che fa è imbastire uno spettacolo grandioso di cui tutti si ricorderanno anche dopo anni. Non importa quello che c’è dietro perché alla fine i personaggi delle favole diventano più reali delle persone che abbiamo accanto.
Ma è tutto qui? No e in questo sta la forza del personaggio costruito da Openheim e Larrain. Perché Jackie ha anche altre preoccupazioni. I figli in primis ma anche l’amore che provava realmente, nonostante l’infedeltà di John, per suo marito.
La situazione è così difficile da gestire, tra pressioni private e pubbliche, che entra in gioco un secondo interlocutore che va ad affiancarsi al giornalista di Life: il prete interpretato magistralmente da John Hurt[14], grandissimo attore scomparso di recente.
Jackie arriva addirittura a sperare di morire; se fosse stata uccisa con John quel giorno, non avrebbe avuto tutto questo peso sulle spalle.
Sono diversi i discorsi su Dio, sulla fede (ancora una volta è il caso di citare El Club) ma Jackie non sembra trovare le sue risposte.
Le scene finali chiudono il cerchio (o meglio, i cerchi) ricollegandosi ai vari temi trattati. È incredibile come in una manciata di scene ci siano così tanti significati.
Prima vediamo che viene affissa sulla porta della stanza in cui stavano John e Jackie una targhetta di metallo per celebrarli. La protagonista aveva pensato ad un quadro ma tutto sommato non ci era andata lontana. Quello che voleva evitare era proprio l’essere ridotta a quella targhetta.
In un’altra bellissima scena Jackie vede che vengono scaricati da un camion dei manichini che sembrano sue copie. Stesso abbigliamento, stessa pettinatura.
Si trasforma in un oggetto riproducibile in massa, a simboleggiare l’incredibile influenza culturale che ha avuto in America. Alla fine ci è riuscita a non essere dimenticata e lo dice anche il fatto che nel 2017 ci sia un film del genere.
Il film si chiude sulla Camelot dei Kennedy, quel “regno”, plasmato da Jackie stessa, che sembra uscito da una fiaba per entrare direttamente nel mito collettivo.
Per l’ultima volta ci viene ricordato di non dimenticare “che ci fu un luogo che per un breve e splendente momento fu chiamato Camelot”.
Ci viene ricordato che ci sarebbero stati altri grandi presidenti, ma che non ci sarebbe più stata un’altra Camelot.
Larrain esce vincitore dall’ardua sfida, regalandoci l’ennesima memorabile pellicola, assolutamente coerente col suo stile. Traspare anche da Jackie l’attenzione nella ricostruzione storica che contraddistingue il regista (si pensi che il suo No- I giorni dell’arcobaleno[15] è stato realizzato con macchine da presa d’epoca). Così ricostruisce inquadratura per inquadratura, rispettandone anche il formato, il documentario con protagonista Jaqueline Kennedy girato all’interno della Casa Bianca.
E ricostruisce in studio anche la stessa Casa Bianca, il film infatti è girato in uno studio a Parigi.
Colpisce poi il modo in cui in un certo senso viene creata tensione. Chiaramente non siamo davanti a un thriller politico come può esserlo L’uomo nell’ombra[16] di Polanski[17] (anche se si parla sempre di First Lady e di finzione). La colonna sonora, unita alla particolarissima regia passa dal dare una sensazione di instabilità e d’inquietudine al far provare (specialmente nelle scene finali) sensazioni simili a quelle date dal The Tree of Life[18] di Malick[19]. Larrain spesso rifiuta i campi/controcampi per passare da un personaggio all’altro all’interno della stessa inquadratura, abbondano le inquadrature di lunga durata ma soprattutto a destabilizzare è la costruzione di quadri che a prima vista potrebbero sembrare simmetrici ma che, se osservati bene, hanno qualche elemento fuori posto a spezzare l’illusione di simmetria.
La fotografia di Stéphane Fontaine[20] (che va ricordato anche per Il Profeta[21] e il recente Elle[22] di Paul Verhoeven[23]) è fantastica e dominata sempre dal rosa dei vestiti di jackie e del cielo.
Natalie Portman è stata grandiosa nell’interpretare un personaggio così complicato e il film meriterebbe di essere visto in lingua originale per apprezzare a pieno il modo in cui l’attrice ha imitato il modo di parlare della vera Jackie Kennedy.
Anche i comprimari sono di alto livello, su tutti il compianto John Hurt.
Ancora complimenti a Larrain e a Oppenheim che si sono interessati, più che a fornire delle risposte, ad aprire degli interrogativi non banalizzando un personaggio così complicato ma soprattutto in grado di trascendere il singolo personaggio per parlare di qualcosa di più ampio
Scritto da: Tomàs Avila.
Note:
[1] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm1883257/?ref_=nv_sr_1 .
[2] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt4375438/?ref_=nm_knf_i3 .
[3] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt4698584/?ref_=nv_sr_1 .
[4] Link IMDB dello sceneggiatore: http://www.imdb.com/name/nm3834300/?ref_=nv_sr_1 .
[5] Link Wikipedia del giornalista: https://en.wikipedia.org/wiki/Theodore_H._White .
[6] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0004716/?ref_=nv_sr_1 .
[7] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt2980516/?ref_=nv_sr_1 .
[8] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt2084970/?ref_=nv_sr_1 .
[9] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1285016/?ref_=nv_sr_1 .
[10] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt2080374/?ref_=nv_sr_1 .
[11] Link IMDB del direttore del compositore: http://www.imdb.com/name/nm5908010/?ref_=nv_sr_1 .
[12] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1441395/?ref_=nv_sr_2 .
[13] Link IMDB dell’attrice: http://www.imdb.com/name/nm0000204/?ref_=nv_sr_1 .
[14] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0000457/?ref_=nv_sr_1 .
[15] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt2059255/?ref_=fn_al_tt_1 .
[16] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1139328/?ref_=nv_sr_1 .
[17] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000591/?ref_=tt_ov_dr .
[18] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0478304/?ref_=nm_knf_i2 .
[19] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000517/?ref_=nv_sr_1 .
[20] Link IMDB del direttore della fotografia: http://www.imdb.com/name/nm0284860/?ref_=nv_sr_1 .
[21] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1235166/?ref_=nv_sr_1 .
[22] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt3716530/?ref_=nm_flmg_dr_2 .
[23] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000682/?ref_=nv_sr_1 .