Recensione The Revenant

In Cinema, Oscar 2016, Recensioni brevi, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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Regia: Alejandro González Iñárritu.
Soggetto: Michael Punke.
Sceneggiatura: Mark L. Smith, Alejandro González Iñárritu.
Musiche: Carsten Nicolai, Ryuichi Sakamoto.
Direttore della fotografia: Emmanuel Lubezki.
Produttore: Molti.
Anno: 2015.
Durata: 156′.
Paese: USA.
Interpreti e personaggi: Leonardo DiCaprio (Hugh Glass), Tom Hardy (John Fitzgerald), Domhnall Gleeson (Captain Andrew Henry), Will Poulter (Bridger), Forrest Goodluck (Hawk).

 

L’ultima fatica di Alejandro González Iñárritu.

La storia è ispirata a quella di Hugh Glass, esploratore divenuto famoso per essere sopravvissuto all’attacco di un orso Grizzly e per aver attraversato 320 chilometri a piedi nella neve, lasciando increduli i compagni che lo avevano abbandonato credendolo in fin di vita.

Il regista messicano arricchisce la storia vera inserendoci degli elementi originali, uno su tutti il tema della vendetta e il fatto che Glass sia padre di un figlio meticcio avuto da una indiana uccisa dai francesi.

Nella pellicola infatti Hugh non è più spinto a tornare dai compagni per sopravvivere, bensì per vendicarsi poiché John Fitzgerald, uno dei due compagni che avevano il compito di vegliarlo, uccide il figlio davanti ai suoi occhi. Da quel momento l’esploratore non riesce a darsi pace e attraversa boschi, fiumi e montagne pur di ottenere la sua vendetta.
L’altro elemento importante che viene introdotto da Iñárritu è il tema degli indiani d’America: se nella storia vera Hugh Glass viene ucciso proprio da un gruppo di indiani, in The Revenant è dipinto quasi come un loro “amico”, avendo già avuto a che fare con loro durante il soggiorno nella tribù dove conobbe la madre di suo figlio e quindi apprendendo molto della loro cultura, a differenza degli altri europei che si preoccupano solo di ucciderli.
Il film è piaciuto molto all’Academy e ciò non sorprende affatto: Iñárritu mette in gioco una retorica buonista molto apprezzata dal pubblico americano con i sensi di colpa per lo sterminio delle popolazioni autoctone del nord America.

Per tutta la durata della pellicola, gli indiani ci vengono presentati come moralmente superiori ed infatti sarà solo grazie alla memoria della moglie che Hugh, sul punto di uccidere la sua nemesi, capirà di non potersi arrogare il diritto di togliere la vita ad una persona e deciderà di lasciare il giudizio a Dio. O meglio, lo lascerà agli indiani.

Tutto questo discorso di “denuncia” del regista è decisamente forzato e non riesce veramente a colpire nel segno.
Anche il personaggio di Hugh, interpretato da DiCaprio, è poco sfaccettato e finisce per diventare un vero e proprio eroe che, dopo aver attraversato metà America sul punto di morte pur di vendicarsi, cambia improvvisamente idea capendo che la vendetta è sbagliata.

Una scelta molto poco credibile insomma, considerate le due ore abbondanti che precedono questo repentino cambiamento.
Per non parlare di come ci viene presentata la moglie del protagonista: nei vari flashback in cui compare, che riprendono palesemente tecniche di malickiana[1] memoria, sembra una figura quasi eterea, come uno spirito, portatore di saggezza. Non è l’unico momento in cui Iñárritu sembra ispirarsi al noto regista americano, basta pensare alle inquadrature degli alberi visti dal basso.

Quindi cosa resta, di concreto, alla fine?
Probabilmente resta il tema dell’uomo contro la natura ostile, argomento decisamente visto e rivisto ma sempre interessante. Rimane tuttavia un peccato che il regista non si sia limitato soltanto a questo: la durata eccessiva non aiuta neanche da questo punto di vista, dopo due ore passate a vedere DiCaprio soffrire in mille modi diversi, ripreso da una telecamera che deve sempre stargli appiccicata in modo da mostrare al meglio la sua agonia, la noia inizia a farsi repentinamente sentire.

La pretesa di estremo realismo voluta dal regista messicano, data da una fotografia priva di luci artificiali e dall’interpretazione di DiCaprio che veramente era malato e posto in condizioni estreme mentre recitava, viene tuttavia vanificata da un uso eccessivo della CGI e da situazioni esagerate – una su tutte la caduta dal burrone – particolari che fanno storcere il naso e sfalsano quelle che sembravano le premesse iniziali del film.

Pare doveroso a questuo punto spendere due parole riguardo allo stile registico di Iñárritu.

infatti, se anche nel precedente “Birdman”[2] i virtuosismi registici abbondavano, in quel caso i vari piani sequenza potevano essere funzionali al tipo di storia raccontata mentre in “The Revenant” la regia pare totalmente è fine a se stessa.

Ciò non significa che manchino momenti spettacolari (come il long take iniziale dell’assalto degli indiani che lascia a bocca aperta), eppure più si prosegue nella narrazione, più sembra che Iñárritu abbia cercato a tutti i costi di sorprendere lo spettatore con inquadrature e movimenti di macchina esageratamente complessi.

Alla fine quindi è inevitabile chiedersi quanto realmente siano stati necessari e quanto probabilmente avrebbe potuto rendere meglio una soluzione più “tradizionale”.

Da questo punto di vista probabilmente il peggio viene raggiunto con lo sguardo in macchina finale, del tutto non necessario.

Dopo aver detto così tanto riguardo ai difetti, veniamo ora ai pochi meriti di “The Revenant”.
Per prima cosa va detto che la fotografia di Lubetzki[3] è sempre fantastica e suggestiva, motivo per cui mi sento di dire che meriterebbe di vincere il terzo Oscar consecutivo e molto probabilmente lo vincerà.
Veramente notevoli sono state anche le prove dei due attori principali: DiCaprio offre una grande interpretazione anche se ha saputo dimostrarci più volte di saper fare decisamente meglio. Spicca invece Tom Hardy[4] che riesce addirittura a mettere in ombra il nostro primo attore, portando sullo schermo un ottimo villain.
Insomma, alla fine ciò che resta è molta amarezza per quello che “The Revenant” sarebbe potuto essere ma che alla fine, purtroppo, non è stato.

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

Note:

[1] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000517/?ref_=nv_sr_1 .

[2] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt2562232/?ref_=nv_sr_1 .

[3] Link IMDB del direttore della fotografia: http://www.imdb.com/name/nm0523881/?ref_=nv_sr_1 .

[4] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0362766/?ref_=fn_al_nm_1 .