Analisi Noi

In Analisi film, Cinema, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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Regia: Jordan Peele.
Soggetto: Jordan Peele.
Sceneggiatura: Jordal Peele.
Colonna sonora: Michael Abels.
Direttore della fotografia: Mike Gioulakis.
Montaggio: Nicholas Monsour.
Produttore: Monkeypaw Productions, Dentsu, Fuji Television Network, Perfet World Pictures, Universal Pictures.
Anno: 2019.
Durata: 114′.
Paese: USA, Giappone.
Interpreti e personaggi: Lupita Nyong’o (Adelaide Wilson/ Red), Winston Duke (Gabe Wilson/ Abraham), Elisabeth Moss (Kitty Tyiler/ Dahlia), Shahadi Wright Joseph (Zora Wilson/ Umbrae), Evan Alex (Jason Wilson/ Pluto).

Adelaide Wilson torna nella sua casa d’infanzia sulla spiaggia con il marito Gabe e i loro due figli per un’idilliaca vacanza estiva. Perseguitata da un trauma inspiegabile e irrisolto del suo passato e tormentata da una serie di inquietanti coincidenze, Adelaide cade in uno stato di paranoia sempre più crescente mentre prende consapevolezza che qualcosa di brutto possa accadere alla sua famiglia. Dopo una giornata al mare con i Tyler, Adelaide e la sua famiglia rientrano a casa ma al calare della sera scoprono la sagoma di quattro figure che si tengono per mano sul vialetto: si tratta dei loro doppi, tanto terrificanti quanto misteriosi. (da Filmtv)

Indice:
Introduzione
Miscuglio di generi
Rappresentazione della comunità afroamericana
U.S.
Conclusioni

INTRODUZIONE

 

Sono ormai numerosi i registi, in ambito horror, che si sono fatti notare negli ultimi anni con dei film particolari che si allontanavano dalle inflazionate formule riproposte dalla maggior parte della produzione di genere.

Senza dubbio Jordan Peele è tra questi. Già conosciuto come attore comico e sceneggiatore, con Get Out- Scappa, nel 2017, aveva dato vita a un piccolo caso.

Il film, costato appena 5 milioni, incassò intorno ai 255 milioni e venne addirittura nominato a diversi premi oscar, cosa che non accade di frequente con gli horror.
Inoltre Get Out- Scappa cercava di costruire un discorso politico-sociale molto interessante, che riportava alla mente il modo in cui i grandi autori del New Horror americano hanno fatto dell’horror il genere per eccellenza attraverso il quale esorcizzare le paure e i problemi sociali.

Dell’esordio di Peele ne abbiamo parlato in questo articolo e, un po’ in controtendenza rispetto alla maggior parte dei pareri, non avevamo accolto il film con l’entusiasmo di chi lo ha subito definito un capolavoro.
Senz’altro si tratta di un film interessante ma non mancavano i punti deboli, su tutti un finale molto poco efficace e tagliente, come ci si aspetterebbe da un’opera che vuole davvero andare a toccare dei tasti dolenti della società che critica.

Due anni dopo la situazione è molto diversa dal 2017. Peele è un regista affermato che riesce a creare grandi attese e con buona parte della critica americana dalla sua. Abbiamo assistito a un ritorno di una sorta di blaxploitation, questa volta però con uno scopo differente: l’affermazione della comunità afroamericana a livello cinematografico e sociale (ne abbiamo parlato qui).
Parlano chiaro le ultime cerimonie degli oscar, in cui il tema delle minoranze, in particolare quella afroamericana, è diventato centrale.

È addirittura tornato alla carica Spike Lee, volendo ben vedere il guru di questi registi, nonché il portavoce della battaglia.

La situazione negli Stati Uniti è sfuggita di mano, come al solito, portando ad esempio alla candidatura di film come Black Panther (il primo cinecomic con un protagonista afroamericano) e sembra ormai che qualsiasi film si avvicini al tema abbia un successo garantito, di critica e di pubblico.

Veniamo dunque a Noi.

 

MISCUGLIO DI GENERI

 

Per prima cosa va detto che questa volta Peele, forte del grande successo di Get Out- Scappa, ha avuto un budget di 20 milioni di dollari, non male per un horror.

Ciò gli ha permesso una maggiore libertà e gli ha dato la possibilità di osare di più rispetto all’opera d’esordio.

Noi resta sempre nei binari dell’horror, spaziando però in molti altri generi: dalla commedia al thriller, passando per la fantascienza.

Forse questa è la cosa più riuscita del film che, per tutta la prima parte, continua a cambiare direzione proprio quando si pensa di aver capito dove voglia andare a parare, passando prima da un sottogenere horror all’altro, per poi aprirsi sempre di più alla fantascienza distopica.

Già con Get Out- Scappa avevamo capito quanto Peele sia un gran conoscitore del cinema di genere e questa volta si sprecano i vari riferimenti.

Si parte con un luna park, ambientazione perfetta per gli horror, come dimostra Il tunnel dell’orrore di Hooper, si passa poi a un’atmosfera inquietante che sembra presagire l’avvento di una catastrofe biblica, con tanto di citazione di un verso della Bibbia, che ritorna ossessivamente (Geremia 11:11).
Poi si palesano gli antagonisti, i doppelgänger dei protagonisti, e Noi diventa un home invasion. Ma gli antagonisti sono strani, non sembrano persone normali, e più volte la sensazione è quella di essere di fronte a uno zombie-movie. E in effetti, come si scoprirà verso metà film, si passa da una dimensione intima e familiare, a una nazionale o, chi può dirlo, addirittura globale.

Infine, nella parte meno convincente e più problematica, irrompe la fantascienza distopica.

È interessante il fatto che Peele non si limiti a ripercorrere i soliti canovacci dei vari sottogeneri. Ciò non vuol dire che il film sia esente da cliché horror che, purtroppo, abbondano e stonano in un’opera che pretende di essere qualcosa di più, di andare oltre ai film di genere di serie b.
Nonostante ciò però, Peele dà una sua lettura dei vari sottogeneri, decostruendo le situazioni tipiche e invertendo molti stereotipi, non facendo mai mancare una vena umoristica molto efficace, che rende il tutto grottesco e a tratti quasi demenziale.

Non si tratta però del ridicolo involontario di molti horror trash ma di una cifra stilistica che già era presente in Get Out- Scappa e che rende ben evidente la provenienza del regista dalla commedia. Del resto viene citato direttamente il più grande regista sospeso tra orrore e commedia, John Landis, e in particolare il celebre video di Thriller di Michael Jackson.

I modelli di riferimenti sono ben chiari e in particolare il Romero dell’esalogia sugli zombi e La città verrà distrutta all’alba è stato di sicuro un’ispirazione per Peele, anche se, come vedremo dopo, non riesce ad avvicinarsi alla profondità delle sue opere.

 

RAPPRESENTAZIONE DELLA COMUNITA’ AFROAMERICANA

 

In molti si chiedevano se anche col secondo film Peele avrebbe trattato il tema dell’emarginazione e della discriminazione della comunità afroamericana negli Stati Uniti.

Hanno fatto discutere delle sue recenti affermazioni riguardo l’impiego di attori bianchi nei suoi film: “non mi vedo con un protagonista bianco nel mio film. Non che non mi piacciono gli attori bianchi ma ho già visto quel film”[1].

In realtà Us, a differenza di Get Out- Scappa, non affronta esplicitamente questi temi. Come vedremo in seguito, non si concentra tanto sul tema della discriminazione razziale bensì sulle differenze e le lotte di classe, costruendo un discorso più ampio e universale rispetto al film d’esordio.

Nonostante ciò però è interessante notare come nell’opera di Peele la rappresentazione degli afroamericani sia diversa da quella a cui siamo abituati.

Già il fatto che protagonista sia una famiglia afroamericana è singolare. Le dichiarazioni di Peele riguardo all’utilizzo di attori bianchi fanno storcere il naso, perché il cinema dovrebbe prescindere da ideologie di questo tipo, tuttavia è vero che straniscono scene come quella in cui vediamo la famiglia protagonista insieme in macchina andare verso la casa per le vacanze.

Si tratta di una famiglia borghese e già questa è una rappresentazione diversa da quella a cui siamo abituati; i genitori (che vanno verso la quarantina) ascoltano musica black e hip hop e l’insieme di queste cose rende una scena vista mille volte, diversa rispetto al solito.

In questo senso risulta molto più di rottura un approccio di questo genere, in cui si cerca di cambiare la rappresentazione della comunità afroamericana e gli stereotipi a essa legati, in modo indiretto, mostrando una quotidianità che raramente si è vista sullo schermo in un contesto del gemere, rispetto ai film fatti a tavolino che trattano esplicitamente il tema della discriminazione e che piacciono tanto all’Academy.

Peele va oltre, ribaltando alcuni stereotipi classici dell’horror. Se il personaggio afroamericano era quello a cui si affidavano le scene più umoristiche ed era uno dei primi a morire, in Us questo ruolo è assegnato a un bianco, o meglio a una famiglia bianca estremamente e volutamente stereotipata.

Peele si dimostra nuovamente molto intelligente nel trattare il tema della discriminazione e nel cavalcare questa ondata di rivalsa della comunità afroamericana, riuscendo, come in Get Out- Scappa, a costruire dei discorsi che scavano oltre la superficie.

 

U.S.

 

“Chi siete voi?” chiede a un certo punto uno dei protagonisti ai doppelgänger, ricevendo in risposta: “siamo americani”.

Che Noi sia una metafora sociale è chiaro quasi da subito.
“Us” sta per “noi” ma anche per “U.S.”, United States of America, come evidenzia la risposta del doppelgänger.

Il film si apre con uno spot televisivo di Hands Across America, un evento di beneficenza del 1986 in cui 6.5 milioni di persone si sono tenute per mano, creando un’immensa catena umana che simboleggiava l’unione e la fratellanza di tutta la popolazione americana. Ovviamente la catena ebbe delle interruzioni dovute alla conformazione del territorio e alla fine vennero raccolti solo 15 milioni di dollari da dare in beneficenza.

In seguito, per tutta la prima parte del film, vengono disseminati elementi che rimandano al tema del doppio: specchi, il verso di Geremia 11.11, l’orologio che segna le 11.11, il frisbee che combacia perfettamente con la forma del cerchio sul telo da mare e via dicendo.

Il tema del doppio è stato affrontato infinite volte al cinema, in modo molto diversi ma spesso concentrandosi sul risvolto psicologico.

Peele invece abbandona da subito la componente psicologica, utilizzando il doppio per dare vita a un’allegoria sulla società americana contemporanea (ma si potrebbe estendere anche al di fuori degli USA).

I doppelgänger delle famiglie benestanti non sono altro che gli emarginati, i reietti della società. Il regista sembra dire che per ogni famiglia agiata, come quella dei protagonisti, ce n’è una simile che però non ha avuto le stesse possibilità ed è stata costretta a a vivere nella miseria.
L’antagonista quindi non è altro che la guida di una rivoluzione, la rivolta degli emarginati che fanno le spese della nostra società. Non a caso i doppi vengono da sotto terra, dal complesso di gallerie inutilizzate che sta sotto ai piedi degli americani.

In tutta la prima parte è impossibile non pensare agli zombi di Romero, che i doppelgänger spesso richiamano direttamente, comunicando con versi e muovendosi in modo strano.

L’idea è interessante e funziona bene fino a quando Peele non decide di allontanarsi dall’esempio di Romero, avvicinandosi di più alla fastidiosa abitudine di dover dare per forza una spiegazione, tipica di gran parte del cinema contemporaneo.

Così facendo, si arriva alla parte più fantascientifica del film, in cui viene raccontata l’origine degli inquietanti doppi, da una parte eliminando completamente l’alone di mistero che li circondava e dall’altra facendo insorgere nello spettatore delle domande rispetto a svariati passaggi della trama che risultano poco chiari, se non addirittura assurdi e illogici.

È in questo modo che un’idea molto interessante e con un grande potenziale crolla su sé stessa.

Il colpo di scena finale, del tutto superfluo, nonché molto prevedibile, complica ancora di più la situazione dando il colpo di grazia a un film in cui, tirando le somme, la sceneggiatura non è certamente uno dei punti di forza.

Get Out- Scappa, nella sua linearità e nelle sue ambizioni più contenute di questa seconda opera, era senza dubbio più riuscito.

E purtoppo non bastano le potenti immagini conclusive, in cui i doppelgänger formano una catena umana che richiama l’iniziativa di Hands Across America, riuscendo laddove Noi non eravamo riusciti, non spezzando la catena neanche nei territori più difficili.

La forza dei capolavori di Romero, ma anche di molti altri horror del New Horror americano (Halloween di Carpenter, per dirne uno) stava proprio nel non dare spiegazioni a ciò che per sua natura è inspiegabile e impossibile. Peele, nonostante sia evidente la sua ammirazione per quei film, sembra non aver appreso del tutto la lezione.

 

CONCLUSIONI

 

Nonostante Noi sia un horror realizzato con estrema cura e in cui le scene di tensione intrattengono come dovrebbero, grazie soprattutto all’ottima regia di Peele e alla splendida colonna sonora, purtroppo possiamo considerare la seconda opera del regista come un passo falso.

Il suo stile è riconoscibile ed è apprezzabile l’intento di voler riportare in voga un cinema di genere interessato alla società che lo partorisce, ma questa volta Peele mostra i suoi limiti come sceneggiatore, dando allo spettatore delle spiegazioni non necessarie che non fanno altro che aprire nuovi e ben più gravi dubbi sulla solidità e la plausibilità della storia raccontata.

Negli USA, e in gran parte anche in Italia, è già stato acclamato come un capolavoro e sta avendo un successo incredibile al botteghino, quindi sicuramente vedremo Peele impegnato in progetti sempre più grandi tra cui magari, chi lo sa, un sequel di Noi.

 

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

Note:

[1] https://www.cinefilos.it/cinema-news/2019b/jordan-peele-attori-bianchi-film-397664