Recensione Unsane

In Cinema, Recensioni brevi, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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Regia: Steven Soderbergh.
Sceneggiatura: Jonathan Bernstein.
Colonna sonora: Thomas Newman.
Direttore della fotografia: Steven Soderbergh (con lo pseudonimo Peter Andrews).
Montaggio: Steven Soderbergh (con lo pseudonimo Mary Ann Bernard).
Produttore: Extension 765, New Regency Pictures, Regency Enterprises.
Anno: 2018.
Durata: 98’.
Paese: USA.
Interpreti e personaggi: Joshua Leonard (David Strine), Claire Foy (Sawyer Valentini), Jay Pharoah (Nate Hoffman), Juno Temple (Violet).

A quattro anni di distanza da Effetti collaterali, dopo al quale aveva momentaneamente abbandonato il grande schermo, concentrandosi sulla televisione, Steven Soderbergh è tornato con due film a breve distanza l’uno dall’altro: La truffa dei Logan e Unsane.
Recensione UnsaneDue film molto diversi tra loro, che mostrano le diverse anime del regista. Se La truffa dei Logan è un prodotto di puro intrattenimento che riporta alla suo celebre Ocean’s Eleven, con un cast ricco di nomi noti e un budget di circa 30 milioni di dollari; Unsane si ricollega direttamente alla parte più avanguardistica della sua filmografia, portando avanti la sperimentazione cominciata con Full Frontal nel 2002 e proseguita con Bubble, il dittico dedicato a Che Guevara (Che-L’argentino e Che- Guerriglia) e The Girlfriend Experience.

Sawyer Valentini è una giovane donna, vittima di stalking, che lascia Boston per la Pennsylvania in cerca di una nuova vita. Ma il nuovo lavoro non è l’affascinante opportunità che si aspettava, nella nuova città non si sente mai al sicuro, il passato la perseguita. Così decide di consultare una specialista, ma si ritroverà involontariamente sottoposta a un trattamento presso l’Highland Creek Behavioral Center. Nella clinica psichiatrica si ritrova faccia a faccia con la sua più grande paura: ma è reale o solo frutto della sua mente? Nessuno sembra credere alle sue parole e di fronte ad autorità incapaci o riluttanti ad aiutarla, Sawyer è costretta ad affrontare da sola i fantasmi del passato. (da Mymovies)

Fin dall’inizio dei 2000, Soderbergh ha dimostrato di essere particolarmente interessato alle possibilità che le nuove tecnologie digitali possono dare a un filmaker, modificando radicalmente ogni ambito del ciclo di produzione di un film.
Recensione UnsanePartendo da Full Frontal, filmato con una camera MiniDV Canon XL1S, per poi passare all’alta definizione con Bubble e infine alla Red One con Che, il regista è sempre stato uno dei nomi di punta per quanto riguarda il cinema digitale, non avendo mai paura di confrontarsi con le nuove sfide imposte da queste tecnologie ma anzi comprendendone le svariate nuove possibilità.

Così, nel luglio 2017 venne annunciato che il regista era alle prese con un progetto segreto di cui non si sapeva praticamente nulla. Soderbergh voleva mettersi alla prova con un film di genere a basso budget, così, quando gli venne proposto di realizzare Unsane accettò, decidendo inoltre di girarlo interamente con un iPhone 7 plus.

Non si tratta ovviamente del primo film girato in questo modo, basti ricordare Tangerine di Sean Baker o, andando sui corto e mediometraggi, Détour di Michel Gondry e Night Fishing di Park Chan Wook.
La cosa che allontana Unsane dal film di Baker però è il fatto che sia un film di genere, per altro piuttosto classico nello svolgimento, che punta ad interessare un pubblico molto più vasto, proponendo quello che di fatto è un prodotto d’intrattenimento.
Si potrebbe cercare in Unsane un tentativo di denunciare il sistema sanitario americano, già bersaglio di altri film di Soderbergh come Contagion e Effetti collaterali, però è un tema che resta in secondo piano, non diventando mai di grande rilievo.
Recensione UnsaneUnsane è un thriller-horror a basso budget, come alcune delle recenti produzioni targate Blumhouse, ad esempio Get Out o The Visit.

Ciò che veramente ci interessa di quest’ultima opera di Soderbergh è che potrebbe rappresentare una svolta non indifferente. Nel 1999 The Blair Witch Project sconvolse il mondo del cinema, rendendo chiaro come fosse possibile realizzare un prodotto per il grande pubblico, in grado di competere con le grandi produzioni, girato con un budget quasi inesistente utilizzando delle videocamere non professionali.
Come ben sappiamo il filone a cui ha aperto la strada il film di Myrick e Sànchez, che per altro non si è ancora spento, ha dato vita ad alcuni dei più grandi successi commerciali degli ultimi anni, dimostrando che questo modello produttivo era una vera e propria macchina da soldi.

Con lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni, ormai, sembrano dirci Soderbergh e Baker, non serve più neanche una videocamera, basta un cellulare per girare un film.
Recensione UnsaneSe però Baker aveva optato per l’iPhone soprattutto per ragioni economiche (il suo ultimo lungometraggio, The Florida Project ha mantenuto l’iPhone , affiancandolo però a una videocamera digitale professionale e addirittura a una in pellicola 35mm), quella di Soderbergh è una scelta meno legata a necessità economiche ma più a scelte estetiche ed espressive. “Mi sembra potenzialmente una delle esperienze più liberatorie che io abbia mai avuto come regista e che continuerò ad avere. Le sensazioni che ho provato momento per momento erano così significative che questo per me è un nuovo capitolo”[1].

Con un budget di poco più di 1 milione e mezzo di dollari, una troupe molto ridotta e occupandosi lui stesso della direzione della fotografia e del montaggio del film (realizzato sul suo portatile), Soderbergh ha cercato di dimostrare come il girare un film sia, potenzialmente, ormai alla portata di tutti.

Inoltre, a differenza di altri esempi, come Sugar Man, girato in parte in Super 8 e in parte con un’app per iPhone che ne simulava le caratteristiche, Soderbergh non cerca di nascondere le qualità (e i difetti) dei video realizzati dal dispositivo. La sua è una scelta estetica ben precisa, come lui stesso specifica: “la gente si dimentica che sono video a 4K. L’ho visto alto 40 piedi. Sembra velluto. Per me è un gamechanger[2].

Recensione UnsaneE così salta subito all’occhio la profondità di campo estrema che caratterizza le inquadrature del film, in cui sono a fuoco sia gli elementi in primo piano che quelli sullo sfondo, allontanandosi dall’effetto sfocatura tipicamente cinematografico e a volte ricreato addirittura artificialmente in digitale.
Il regista si avvicina quindi agli altri colleghi, come per esempio Michael Mann e David Lynch, che hanno cercato di non imitare la pellicola col digitale ma di creare un nuovo tipo di estetica, volta in questo caso a destabilizzare lo spettatore, rispecchiando la situazione instabile della protagonista .

Come thriller/horror, Unsane scorre senza intoppi e in certi passaggi riesce ad essere davvero inquietante. Niente di eccezionale o di particolarmente stravagante, come già detto al regista interessava più il come che il cosa.

I film girati col cellulare saranno destinati ad avere successo come il filone dei mockumentary e più in generale quelli in DV dei primi 2000? Troppo presto per dirlo, sarà il tempo a farcelo capire. La cosa sicura è che ormai è chiaro a tutti che è possibile fare un film in questo modo e guadagnarci. Recensione UnsaneUnsane infatti è intorno ai 12.3 milioni di incasso, quasi dieci volte il budget di partenza.
Negli ultimi anni abbiamo visto diversi tentativi di “aggiornare” il cinema ai nuovi media digitali, con esiti più o meno convincenti, dai disastri totali come Unfriended a casi più convincenti come The Den.
Questo non è che l’ennesimo tentativo di creare un nuovo tipo di cinema, in comunicazione con nuove forme estetiche ormai onnipresenti nella quotidianità di ognuno di noi.

Per concludere va detto che inizialmente Soderbergh aveva intenzione di non firmare il film col suo nome ma usare uno pseudonimo (usato in seguito solo per il montaggio e la direzione della fotografia). La sua scelta non è stata però approvata e alla fine è stato costretto a usare il suo vero nome.
Ciò ci riporta ancora di più all’idea di democratizzazione del mezzo cinematografico, auspicata da innumerevoli teorici nel corso di tutto il ‘900, e alla base di movimenti come quello del Dogma95, la cui decima regola era “il regista non deve essere accreditato”[3].

 

Note:

[1] http://www.indiewire.com/2018/01/steven-soderbergh-interview-sundance-iphone-unsane-1201921769/

[2] http://www.indiewire.com/2018/01/steven-soderbergh-interview-sundance-iphone-unsane-1201921769/

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Dogma_95

 

Scritto da: Tomàs Avila.