Monografia di Bong Joon-ho. Parte 5- The Host

In Analisi film, Bong Joon-ho, Il Cinema della Corea del Sud, Tomàs Avila by scheggedivetroLeave a Comment

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FILMOGRAFIA

-White Man, 1994 (cortometraggio)
-Memories in My Frame, 1994 (cortometraggio)
Incoherence, 1994 (cortometraggio)
Barking Dogs Never Bite, 2000
-Sink & Rise, 2003 (cortometraggio)
Memories of Murder, 2003
Influenza, 2004 (cortometraggio)
The Host, 2006
-Tokyo!, capitolo “Shaking Tokyo”, 2008 (cortometraggio)
-Madre, 2009
-Snowpiercer, 2013
Okja, 2017

THE HOST 

Regia: Bong Joon-ho.
Soggetto: Bong Joon-ho.
Sceneggiatura: Bong Joon-ho, Ha Won-jun, Baek Chul-hyun.
Colonna sonora: Lee Byung-woo.
Direttore della fotografia: Kim Hyung-ku.
Montaggio: Kim Sun-min.
Produttore: Showbox Entertainment, Chungeorahm Film, Boston Investments, CJ Venture Investment, Cowell Investment Capital Co., Happinet, IMM Venture Capital, Knowledge & Creation Ventures, M-Venture Investment, OCN, Sego Entertainment, Seoul Broadcasting System (SBS), Tube Pictures.
Anno: 2006.
Durata: 120’.
Paese: Corea del Sud.
Interpreti e personaggi: Kang-ho Song (Park Gang-Doo), Hae-il Park (Park Nam-il), Hee-Bong Byun (Park Hie-bong), Doona Bae (Park Nam-Joo), Ah-sung Ko (Park Hyun-seo).

Un mostro marino, la cui nascita è probabilmente imputabile allo smaltimento abusivo, avvenuto anni prima, di agenti inquinanti da parte di un’equipe di scienziati, emerge dal fiume Han, a Seul, attaccando e uccidendo i villeggianti intenti a godersi una bella giornata di sole: la creatura mutante, dopo aver mietuto numerose vittime, prende prigioniera una bambina, Hyun-seo. Nonostante l’intervento militare americano, che finirà per fare più danni che altro, sarà la disastrata famiglia della piccola a risolvere la situazione… (da Mymovies)

Indice:
Introduzione
Cloverfield: esorcizzare un trauma collettivo
Signs: la famiglia e la decostruzione del genere
Le fogne di Seoul
Comparto tecnico
Conclusioni

 

INTRODUZIONE 

In seguito al successo di Memories of Murder, Bong Joon-ho continuò a percorrere una strada simile, con un altro film di genere, questa volta di fantascienza, più precisamente un monster movie: The Host.
Il regista pensò per la prima volta a questa storia durante la realizzazione di Barking Dogs Never Bite, iniziando a raccogliere del materiale come foto del fiume Han e del mostro di Loch Ness, del quale il regista era appassionato fin da bambino. L’idea di base era quella di unire le due cose e creare un mostro che abitasse il fiume Han.
In seguito all’incidente McFarland, avvenuto nel 2000, Bong aggiunse alla storia tutta la parte riguardante il ruolo degli USA nella vicenda. Questo caso di cronaca, divenuto molto celebre in Corea del Sud, riguardò Albert McFarland, direttore dell’ottava unità delle forze armate degli stati uniti in Corea, che diede l’ordine di scaricare delle grandi quantità di formaldeide nel fiume Han.

Mettendo insieme le due cose e dopo aver realizzato Memories of Murder, finalmente nel 2004 il regista cominciò a scrivere la sceneggiatura che, inizialmente, non ruotava attorno alla famiglia protagonista.
Come ricorda lo stesso Bong, fu la visione di Signs[1] di M. Night Shyamalan[2] a fargli venire in mente di raccontare la storia dal punto di vista della stravagante famiglia Park.

Se già Memories of Murder fu un caso cinematografico nel 2003, con circa 5 milioni di spettatori in Corea del Sud, con The Host Bong riuscì a fare ancora di più. Venne visto da circa 13010000 spettatori al cinema nel 2006, anno in cui la popolazione della Corea del Sud si aggirava intorno ai 48 milioni di abitanti. In sostanza quindi un quarto della popolazione coreana lo andò a vedere al cinema, record che venne battuto soltanto nel 2010 da Avatar[3] di James Cameron[4].
Un successo clamoroso che, come per il film precedente, è attribuibile soprattutto all’abilità di Bong di utilizzare il cinema di genere come mezzo per esorcizzare dei traumi collettivi della popolazione coreana.

 

CLOVERFIELD: ESORCIZZARE UN TRAUMA COLLETTIVO 

Nell’analizzare Memories of Murder è stato inevitabile ricorrere al paragone con Zodiac[5] di David Fincher[6], per via della decostruzione delle regole del genere thriller ma anche per la capacità di entrambi i registi di riaprire ferite nazionali ancora aperte.

Cloverfield, Matt Reeves, 2008.

Anche nel caso di The Host risulta necessario fare riferimento a due film: Cloverfield[7] e Signs, entrambi strettamente connessi, come lo è anche Zodiac, all’attentato dell’11 Settembre 2001 e al periodo di tensione che lo ha seguito. Le tre pellicole hanno affrontato in diversi modi questo trauma collettivo. Fincher ha cercato di rappresentare metaforicamente il nemico invisibile, lo spettro del terrorismo, attraverso la storia del killer dello Zodiaco; Matt Reeves[8] con Cloverfield ha tentato di far provare allo spettatore qualcosa di simile a ciò che deve aver provato chi realmente ha vissuto l’attentato al World Trade Center; Shyamalan invece è stato il meno incisivo, a causa soprattutto del periodo di distribuzione del film, ancora troppo vicino all’attentato, e ha cercato di mostrare come stando uniti si possa sconfiggere il nemico (alieno o umano che sia).

The Host si avvicina molto al film di Reeves perché in entrambi i casi l’intento è quello di creare dei mostri strettamente legati al paese in cui sono ambientate le storie.
Il motivo per cui sono due pellicole molto efficaci è il fatto che non si siano limitate a riproporre dei mostri già esistenti e appartenenti ad altre culture, come è successo con il Godzilla[9] del 1998 di Roland Emmerich[10], film decisamente non all’altezza delle controparti giapponesi, proprio per via del distacco culturale.
Non a caso è stato necessario aspettare Shin Godzilla[11] di Hidekai Anno[12] per tornare a vedere un film della serie più interessato alla critica sociale.

Shin Godzilla, Hideaki Anno, 2016.

Detto ciò, va sottolineato che Cloverfield è di più facile interpretazione rispetto a The Host, perché il rimando all’11 Settembre è da vedersi soprattutto nell’estetica adottata da Reeves, quella del mockumentary/found footage digitale ispirata direttamente dalle riprese reali di chi ha documentato l’attentato al World Trade Center. Si tratta di immagini che hanno fatto il giro del mondo e che si sono impresse nella memoria collettiva di tutti quanti, travalicando i confini nazionali.
Il film di Bong Joon-ho è più difficile da sviscerare per uno spettatore occidentale per via del gap culturale di cui ho scritto poco sopra. Per gli spettatori coreani che nel 2006 andarono a vederlo al cinema però l’effetto deve essere stato simile a quello di Cloverfield sul pubblico statunitense.

Ho già menzionato l’incidente McFarland, da cui il film prende le mosse, ma è solo la punta dell’iceberg.
Come in Memories of Murder è fondamentale il ruolo svolto dagli Stati Uniti e il risentimento della popolazione coreana verso il governo americano a cui la Corea del Sud è strettamente legata, per non dire sottomessa. Il mostro stesso può essere visto come una metafora della presenza americana in Corea del Sud.
C’è poi il personaggio di Park Nam-il, interpretato da Hae-il Park[13], che il regista ha caratterizzato come un attivista coreano degli anni ’80, riportando le parole dello stesso Bong.
Tutto il finale con le rivolte sedate dalla polizia riporta alla luce un periodo storico impresso nella mente dei coreani, già rievocato dal regista in Memories of Murder. Va ricordato che Bong ha vissuto in prima persona il periodo della presidenza di Chun Doo Hwan, in cui la Corea del Sud era ufficialmente una democrazia ma in pratica un regime autoritario, partecipando anche ai movimenti studenteschi.

Ancora una volta è questa la chiave del successo del film di Bong che, insieme a Memories of Murder, va a costituire un ipotetico dittico che racconta la Corea del Sud attraverso il genere, o meglio, attraverso la decostruzione del genere.

 

SIGNS: LA FAMIGLIA E LA DECOSTRUZIONE DEL GENERE 

Parlo di decostruzione del genere perché effettivamente The Host fa crollare la colonna portante di qualsiasi monster movie tradizionale: il ruolo del mostro. Come è stato fatto notare da alcuni critici, il mostro di The Host è quasi un MacGuffin hitchcockiano, un pretesto per raccontare altro.

Questo non vuol dire che Bong ripudi il genere inteso in senso più tradizionale, anzi. È cresciuto a forza di b-movie visti in televisione, affiancati al cinema di “serie A” di autori come Hitchcock[14] e Peckinpah[15].
Possiamo considerarlo un grande estimatore del cinema di genere, quindi ciò che ha cercato di fare è piegare il genere al suo scopo. Le scene d’azione ci sono, così come quelle di tensione, il mostro si vede, non molto, ma si vede. Ciò che interessa principalmente a Bong però non è il mostro bensì, da una parte, raccontare la società coreana, dall’altra la storia della famiglia Park e in particolare la crescita di Park Gang-Doo, il padre della bambina che viene rapita dal mostro.

Ed è qui che entra in gioco Signs di Shyamalan, film che, come già scritto, ha profondamente influenzato Bong nella scrittura di The Host.
In entrambi i casi c’è una minaccia esterna che deve essere fronteggiata da un nucleo familiare in crisi, che riuscirà ad uscirne vincitore soltanto stando unito.
Nonostante il tema sia simile, è molto diverso il modo in cui viene affrontato.

Signs, M. Night Shyamalan, 2002.

Signs uscì il 2 agosto 2002 e può essere considerato uno dei primi film post 11 settembre. A distanza di pochi mesi dall’accaduto sarebbe stato difficile offrire una riflessione critica sul periodo di tensione che stavano vivendo gli americani, cosa che poi Shyamalan fece qualche anno dopo con The Village[16]. Lo si può considerare quindi come un film che reagisce a caldo al trauma nazionale appena avvenuto, tentando non tanto di riflettere sull’accaduto ma di rassicurare il popolo americano: stando uniti si può sconfiggere il nemico. Fondamentale ad esempio è l’utilizzo, da parte del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix[17], di una mazza da baseball per affrontare l’alieno nel finale del film. Un’”arma” simbolica, tipicamente americana, essendo il baseball uno degli sport più seguiti negli USA.
Il film di Shyamalan, nel suo tentativo di essere rassicurante a tutti i costi, si conclude con un happy handing su ogni fronte: tutti i protagonisti si salvano, il nemico viene sconfitto e addirittura il personaggio interpretato dal Mel Gibson ritrova la fede, persa in seguito alla morte della moglie.

Bong, complice anche la maggiore distanza temporale dagli eventi a cui fa riferimento, fa morire alcuni dei protagonisti, compresa la bambina rapita all’inizio del film, una vera e propria vittima sacrificale che permette alla famiglia Park di riunirsi e a Gang-Doo di maturare e di diventare finalmente adulto. Non è un caso che una delle prime scene e l’ultima scena del film chiudano un cerchio, quello appunto della crescita di Park Gang-Doo.

The Host si apre con Gang-Doo che viene svegliato da suo padre e si chiude con Gang-Doo che scruta fuori dalla finestra per assicurarsi che non ci sia nessun mostro, prepara da mangiare e sveglia il bambino salvato nel corso del film da Hyun-seo. Il suo ruolo viene completamente ribaltato. Per tutti il film viene fatta leva sulla sua capacità di addormentarsi in qualsiasi situazione, anche le meno appropriate. Alla fine invece è vigile e pronto a difendere il nuovo nucleo familiare che si è venuto a creare. In effetti non si può proprio parlare di happy ending perché la sensazione che si ha è quella di una possibile ricomparsa di un mostro o di qualcosa che metta nuovamente a rischio i protagonisti.
Interessante è anche la metafora della caduta. Nei film di Bong compaiono spesso personaggi che inciampano cadendo a terra, a sottolineare la loro goffaggine e inadeguatezza. In una delle scene cardine di Memories of Murder ad esempio per due volte dei poliziotti inciampano consecutivamente. In The Host è invece Gang-Doo che nella prima parte del film continua a cadere, mentre nella seconda, specialmente dopo quella specie di lobotomia a cui viene sottoposto, non cade più, un altro simbolo della sua crescita.

Ritornando alla questione della decostruzione del genere, è interessante il fatto che la famiglia Park venga ostacolata soprattutto dal sistema coreano, dalle forze dell’ordine fino all’esercito americano, più che dal mostro che, in fin dei conti, non è cattivo ma cerca soltanto di nutrirsi, come qualsiasi altro animale. Un altro elemento che riporta la mente a Memories of Murder dove a fare i danni era più la burocrazia e l’incompetenza della polizia che il serial killer stesso.

 

LE FOGNE DI SEOUL 

Anche in questo caso torna la metafora dei sotterranei come luogo in cui viene nascosto ciò che non vuole essere reso pubblico. Il mostro di The Host porta tutte le sue vittime nelle fogne di Seoul, collegate al fiume Han, dove è stata scaricata la formaldeide che probabilmente è l’origine del mostro.

E quindi ancora una volta è in un ambiente sotterraneo che si nasconde il marcio della società coreana per Bong Joon-ho, come in Memories of Murder in cui le torture avvenivano nello scantinato della stazione di polizia.

Non a caso il mostro non viene mai fatto vedere nei notiziari che compaiono nel corso del film. Entra in gioco un presunto virus, che poi si scoprirà non esistere realmente, sul quale si concentra l’attenzione dei media e che provoca una specie d’isteria pubblica ma il mostro viene completamente lasciato da parte, proprio per ciò che rappresenta.
Questo, nel finale, rende Gang-Doo, che inizialmente sembrava stupido, addirittura al di sopra degli altri, perché è uno dei pochi ad aver preso coscienza, a vedere la vera minaccia, andando oltre a ciò che viene diffuso dai media.

 

COMPARTO TECNICO 

The Host sorprende anche, oltre che per i vari livelli di lettura analizzati fino ad ora, per come è stato realizzato.
La regia di Bong Joon-ho, già eccezionale nel film precedente, è ancora una volta notevole. Il regista alterna piani sequenza movimentati (in cui viene anche utilizzata la CGI per rappresentare il mostro) che seguono l’azione e inquadrature completamente fisse. Anche in questo caso colpisce come Bong cerchi di rappresentare ogni situazione nel modo più asciutto e funzionale, senza cercare i virtuosismi registici di alcuni suoi colleghi quale Kim Jee-woon[18].
La splendida fotografia di Kim Hyung-ku, che già aveva collaborato col regista in Memories of Murder, è lontana da quello stile patinato che caratterizza molti film coreani post Old Boy[19].

Sorprendono gli effetti speciali digitali, specialmente se si pensa che è un film del 2006 e che non si tratta di una produzione hollywoodiana.
Inizialmente il regista aveva pensato di appoggiarsi ai Weta Studios[20] di Peter Jackson[21] ma, dopo il clamoroso successo ottenuto con la saga de Il Signore degli anelli[22], i prezzi della compagnia di Jackson divennero inaccessibili. Bong si rivolse quindi alla Orphanage[23], compagnia specializzata in effetti digitali, i cui membri avevano lavorato precedentemente alla Industrial Light and Magic[24] di George Lucas[25].
Per quanto riguarda i primi piani del mostro, sono stati utilizzati degli effetti pratici: è stata costruita la testa del mostro dalla John Coxs Creature Workshop[26].
Il risultato è eccezionale e a distanza di anni sono poche le scene in cui gli effetti risultano invecchiati.

 

CONCLUSIONI 

Con The Host Bong Joon-ho ha portato avanti quanto cominciato con Memories of Murder, realizzando un altro film fondamentale per la cinematografia della Corea del Sud, sia a livello di incassi domestici, come già spiegato, che per quanto riguarda l’accoglienza all’estero. Il nome del regista è iniziato ad essere noto anche fuori dai confini nazionali.

Non ha forse avuto l’importanza di Memories of Murder per quanto concerne le influenze sui film a venire ma sicuramente resta uno dei monster movie più interessanti dei 2000, insieme a Cloverfield e Shin Godzilla.

 

Continua…

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

Note:

[1] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0286106/?ref_=nv_sr_1 .

[2] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0796117/?ref_=tt_ov_dr .

[3] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0499549/?ref_=nv_sr_1 .

[4] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000116/?ref_=tt_ov_dr .

[5] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0443706/?ref_=nv_sr_1 .

[6] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000399/?ref_=tt_ov_dr .

[7] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt1060277/?ref_=nv_sr_3 .

[8] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0716257/?ref_=tt_ov_dr .

[9] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0120685/?ref_=nv_sr_4 .

[10] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000386/?ref_=tt_ov_dr .

[11] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt4262980/?ref_=nv_sr_1 .

[12] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0030417/?ref_=tt_ov_dr .

[13] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm1310960/?ref_=nv_sr_1 .

[14] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000033/?ref_=nv_sr_1 .

[15] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0001603/?ref_=nv_sr_1 .

[16] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0368447/?ref_=nv_sr_1 .

[17] Link IMDB dell’attore: http://www.imdb.com/name/nm0001618/?ref_=nv_sr_1 .

[18] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0453518/?ref_=nv_sr_1 .

[19] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0364569/?ref_=nv_sr_2 .

[20] Link IMDB della compagnia di effetti speciali: https://pro-labs.imdb.com/company/co0076091?ref_=fn_al_co_4 .

[21] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0001392/?ref_=tt_ov_dr .

[22] Link IMDB del film: http://www.imdb.com/title/tt0120737/?ref_=nv_sr_1 .

[23] Link IMDB della compagnia di effetti speciali: https://pro-labs.imdb.com/company/co0089909?ref_=fn_al_co_1 .

[24] Link IMDB della compagnia di effetti speciali: www.imdb.com/find?ref_=nv_sr_fn&q=industrial+light+and+magic
&s=all
.

[25] Link IMDB del regista: http://www.imdb.com/name/nm0000184/?ref_=nv_sr_2 .

[26] Link della compagnia di effetti speciali: https://pro-labs.imdb.com/company/co0004945?ref_=fn_al_co_1 .