Analisi Annientamento

In Analisi film, Cinema, Tomàs Avila by Tomas AvilaLeave a Comment

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Regia: Alex Garland.
Soggetto: tratto dal romanzo Annientamento di Jeff VanderMeer.
Sceneggiatura: Alex Garland.
Colonna sonora: Geoff Barrow, Ben Salisbury.
Direttore della fotografia: Rob Hardy.
Montaggio: Barney Pilling.
Produttore: DNA Films, Paramount Pictures, Scott Rudin Production, Skydance Media.
Anno: 2018.
Durata: 115’.
Paese: UK, USA.
Interpreti e personaggi: Natalie Portman (Lena), Benedict Wong (Lomax), Sonoya Mizuno (Katie), David Gyasi (Daniel), Oscar Isaac (Kane), Jennifer Jason Leigh (Dr.ssa Ventress), Gina Rodriguez (Anya Thorensen), Tuva Novotny (Cass Sheppard), Tessa Thompson (Josie Radek).

Indice:
Il futuro della distribuzione
Tra autodistruzione e rifrazione: una possibile spiegazione
Un progetto ambizioso

A tre anni da Ex Machina, film che ha sancito il suo esordio alla regia, Alex Garland torna con Annientamento al suo genere prediletto, quello fantascientifico, presentandoci una pellicola ancora più ambiziosa di quella precedente.
Va ricordato che Garland, prima di diventare regista, è stato per molti anni sceneggiatore, nonché scrittore di romanzi. I suoi lavori più noti sono le collaborazioni con il regista Danny Boyle, come 28 Giorni Dopo e Sunshine.
Si può dire quindi che ha avuto a che fare con la fantascienza e l’horror già da molto prima di prendere in mano la macchina da presa. Proprio per questo motivo, Ex Machina è stato, più che una sorpresa, la definitiva conferma del talento di Garland, interessato a una fantascienza molto riflessiva e filosofica, piuttosto che a quella di puro intrattenimento in stile Star Wars.

Una biologa (Lena), il cui marito (Kane) partecipa a missioni militari segrete, è disperata per il suo mancato rientro. L’uomo finalmente torna a casa ma non sa però spiegare cosa gli sia successo, non ricorda niente e sta misteriosamente male. La biologa verrà così a conoscenza di un’anomalia (lo Shimmer) verificatasi anni fa e tenuta segreta: un’area da cui nessuno ha mai fatto ritorno tranne appunto suo marito, che sembra però prossimo a morire. Decide così di affrontare questo enigma e partecipa alla prossima spedizione, insieme ad altre quattro donne (Dr.ssa Ventress, Anya, Sheppard e Josie), ognuna esperta in un diverso campo scientifico. (da Mymovies)

 

IL FUTURO DELLA DISTRIBUZIONE 

Nel 2013 la Paramount Pictures ha acquistato i diritti di Annientamento, il primo romanzo della Trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer, noto scrittore appartenente al genere letterario del New Weird[1], ovvero una sorta di commistione tra fantasy, sci-fi e horror.

The Cloverfield ParadoxGarland ha scritto la sceneggiatura quando VanderMeer stava ancora terminando gli ultimi due capitoli della trilogia, quindi il suo unico punto di riferimento è stato il primo romanzo. Il regista inoltre non ha fatto un semplice adattamento del libro ma ha scritto la sceneggiatura basandosi sul ricordo che aveva del libro, sulle sensazioni che gli aveva trasmesso.
Le riprese sono cominciate nel 2016 e il budget a disposizione era di circa 40 milioni di dollari, decisamente poco per un film di questo tipo.
Annientamento ha avuto una distribuzione singolare. La Paramount, in seguito a un test screening dagli esiti poco convincenti, ha chiesto a Garland di cambiare il finale e rendere il film meno “complicato”. Il regista però non ha voluto modificarlo e il produttore Scott Rudin si è schierato dalla sua parte, però con una conseguenza: il film è stato distribuito direttamente su Netflix in tutti i paesi, esclusi gli Stati Uniti e la Cina, in cui è uscito al cinema 17 giorni prima.
Garland non ha nascosto il suo disappunto, sottolineando che Annientamento è stato realizzato per il cinema e non per il piccolo schermo.

Ci troviamo quindi davanti al terzo film di fantascienza di una certa importanza, distribuito su Netflix in un breve lasso di tempo, in seguito a The Cloverfield Paradox, terzo capitolo della saga di Cloverfield, e Mute di Duncan Jones.
Questo porta a una riflessione riguardo a Netflix e ai futuri sviluppi della settima arte. È chiaramente un dispiacere il fatto che certi film siano distribuiti direttamente su una piattaforma di streaming, saltando completamente il passaggio dalla sala cinematografica, questione su cui si sono già pronunciati in molti, basti pensare al polverone sollevato da Almodovar allo scorso festival di Cannes.
MuteSi vedrà nel prossimo futuro che strada sceglierà di prendere Netflix con The Irishman, l’attesissimo film di Martin Scorsese previsto per il 2019, dal budget non indifferente di 140 milioni di dollari.

Dall’altra parte però, questo nuovo modello distributivo permette ai registi di realizzare film che difficilmente gli studios avrebbero accettato di produrre. È l’esempio di Mute; Duncan Jones ha spiegato in un’intervista: “ciò che era contro di noi, come ora sai, è che lo script era molto dark e difficile e l’argomento così diverso da ciò a cui gli studios potrebbero essere interessati. Non lo avremmo fatto in quel modo. Stuart [Fenegan, produttore] ha fatto un lavoro incredibile, provando ogni strada, e ha scoperto che Netflix era disposto a produrlo”[2].
Se le varie piattaforme di streaming potrebbero diventare la salvezza per i vari progetti scartati dagli studios perché non promettenti dal punto di vista economico, non è il caso di liquidare il discorso limitandosi a fare leva sulla questione della proiezione cinematografica.

Annientamento e gli altri film citati sono l’emblema di un periodo di transizione, di un cambiamento che sembra ormai inevitabile, visti i nomi sempre più importanti coinvolti (Scorsese su tutti).

 

TRA AUTODISTRUZIONE E RIFRAZIONE: UNA POSSIBILE SPIEGAZIONE 

Veniamo ora al film. Annientamento rende ancora più chiara l’idea di fantascienza di Garland che anche questa volta, attraverso l’utilizzo del genere, cerca di porre delle domande filosofico-esistenziali allo spettatore.

AnnientamentoLa principale differenza rispetto ad Ex Machina è l’ambizione decisamente più grande, vista la quantità di temi affrontati che potrebbe addirittura disorientare lo spettatore e portarlo a domandarsi che cosa effettivamente volesse trasmettere il regista.
Annientamento è in effetti un film che, come del resto anche il libro da cui è tratto, lascia molte questioni aperte e che pone molte domande a cui però poi non fornisce delle risposte ben precise, lasciando che sia lo spettatore a pensarci e ad elaborare quanto visto.
Proprio per questo motivo sono state proposte diverse spiegazioni e interpretazioni che si focalizzano su diversi aspetti del film.

Secondo una delle più diffuse, la pellicola dovrebbe essere vista come una metafora del cancro e della lotta contro ad esso. Un film-allegoria, simile all’ampiamente discusso Mother! di Darren Aronofsky.
In effetti, rispetto al romanzo di Jeff VanderMeer, Garland ha dato molto più peso all’elemento del cancro, che ritorna più volte anche a livello visivo (le varie mutazioni possono essere viste come dei tumori).
AnnientamentoAltri hanno invece inteso il film come la rappresentazione di una storia d’amore, dagli esordi alla sua distruzione.
Per quanto il film lasci molto spazio alla libera interpretazione, cercherò di dare una possibile spiegazione in linea con le intenzioni del regista.
I temi citati fino ad ora, sono tutti presenti all’interno dell’opera di Garland ma sono secondari, o meglio, collaterali alla tematica portante: quella dell’autodistruzione.
Lo ha sottolineato in un’intervista lo stesso regista, dicendo, in riferimento ad Annientamento: “è incentrato sulla natura dell’autodistruzione in un senso letterale: le cellule hanno dei cicli vitali, come le stelle, le piante, l’universo e noi. Tu, io, chiunque. Ma anche le forme psicologiche di autodistruzione. È nato da una strana preoccupazione che ho iniziato ad avere, che ognuno sia autodistruttivo”[3].

Si può capire quindi come tutti gli altri temi del film siano strettamente connessi a quello dell’autodistruzione.
AnnientamentoLena distrugge senza un apparente motivo il suo matrimonio, nonostante sembri amare il marito. È una cosa che accade a molte persone che, citando il regista, “è come se distruggessero cose delle loro vite senza una buona ragione”[4].
In una scena Lena, parlando col marito, dice “vediamo l’invecchiamento come un processo naturale, ma in realtà è un difetto dei geni”, citando poi la teoria di Hayflick[5]. In seguito la psicologa alluderà al fatto che l’autodistruzione è codificata in noi, nel nostro DNA.

Ed è qui che ci si ricollega al tema del cancro che può essere visto in modi contraddittori. Se da una parte è una sorta di distruzione del nostro corpo ad opera non di un agente esterno ma delle stesse cellule che lo costituiscono, dall’altra è anche vero che le cellule tumorali, attraverso la telomerasi[6], riescono a “sconfiggere” la morte cellulare, proliferando illimitatamente.
“La riattivazione dell’enzima telomerasi nelle cellule somatiche potrebbe portare secondo gli studiosi ad un rallentamento o addirittura a una reversione del processo di invecchiamento […] il DNA umano contiene già il gene che potrebbe produrre telomerasi, ma è inattivo.”[7]

Uroboro

L’Uroboro.

Se le mutazioni che avvengono all’interno dell’Area X possono ricordare dei tumori, come viene sottolineato dalla stessa Lena nel corso del film, la forma di vita aliena con cui entra in contatto la protagonista alla fine, potrebbe essere la chiave per l’immortalità, la possibilità di invertire il processo di autodistruzione codificato in noi?
La protagonista non saprà rispondere alle domande che le verranno poste una volta tornata indietro. Cosa stava facendo la forma di vita aliena? Stava cercando di creare qualcosa di nuovo, o meglio di modificare ciò che già esisteva, combinando i DNA delle varie specie.
Forse l’immortalità sta proprio in questa continua ricombinazione e mescolamento di DNA. Quando qualcuno muore nell’Area X, non scompare, il suo DNA continua ad essere riutilizzato, combinato a quello di altri esseri viventi. Così ad esempio Sheppard continua a vivere nell’orso mutante che, in qualche modo, ha assorbito una parte di lei.
Si può quindi parlare anche di evoluzione, di superamento della condizione umana come la intendiamo. I confini del singolo individuo sfumano sempre di più, arrivando a confondersi, se non fondersi, con tutto ciò che lo circonda.

Se “autodistruzione” è una parola chiave, l’altra è senz’altro “rifrazione”[8]. In una scena del film, Josie spiega che lo Shimmer rifrange tutto ciò che lo attraversa o sta al suo interno: le onde luminose, le onde radio e persino i DNA di tutte le creature viventi, comprese le protagoniste.

Annientamento

Il tatuaggio che compare su più personaggi.

Il tema viene richiamato spesso anche a livello visivo, si pensi alla ricorrente inquadratura del bicchiere d’acqua che distorce la visione di ciò che gli sta dietro.
Il tema della rifrazione si collega a quello del doppio che però non deve essere inteso semplicemente come un riflesso di noi stessi, bensì come la versione rifratta di noi stessi, una versione alterata e mutata, influenzata dallo Shimmer e dalla continua ricombinazione dei corredi genetici di ciò che vive all’interno di esso.

Come un prisma attraversato da un fascio di luce, lo Shimmer scompone chi sta al suo interno, ricombinando le varie parti. Ho già fatto l’esempio di Sheppard e l’orso mutante, un altro potrebbe essere il simbolo dell’infinito che ha tatuato Lena sul braccio. Prima di entrare nell’Area X non lo aveva, dopo esserne uscita è come se lo avesse “ereditato” da Anya. Non solo, lo stesso tatuaggio si può notare anche sul braccio del soldato a cui viene aperto il ventre e che si fonde con le rampicanti.
Niente quindi scompare per sempre all’interno dello Shimmer, tutto torna in qualche modo, combinato con altri elementi. Ed è questo in effetti il significato del tatuaggio che raffigura un serpente, attorcigliato su sé stesso, che si mangia la coda, formando il simbolo dell’infinito. Il serpente che si mangia la coda (chiamato Uroboro) “è un simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche […] rappresenta il potere che divora e rigenera se stesso, l’energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine”[9].

Tutto sembra avere un doppio dentro all’Area X o ancora meglio, usando le parole di Natalie Portmann[10], un’eco. Sono due i cervi mutati, ci sono due Kane, due Lena e addirittura la casa in cui si rifugiano le protagoniste prima di essere attaccate dall’orso mutante, è un doppio della casa di Lena. Lo Shimmer sembra quindi in grado non solo di mutare e duplicare le forme viventi e non (si pensi agli alberi di vetro) ma anche di materializzare i ricordi di chi è al suo interno, il che non può che riportare alla mente Solaris di Tarkovskij, regista da cui Garland ha sicuramente attinto, sia per l’idea di una forma aliena totalizzante come il pianeta di Solaris, sia per quanto riguarda l’Area X che ricorda molto la Zona di Stalker.

AnnientamentoDetto ciò, arriviamo al finale. Josie e la dottoressa Ventress, in modi differenti si abbandonano all’Area X, fondendosi con essa senza opporsi. Anya e Sheppard, nonostante abbiano cercato di contrastarla, alla fine sono state inglobate.
Che ne è di Kane e Lena? Sono veramente loro o sono dei doppi?

L’alieno con cui si confronta Lena dentro al faro, imita ciò con cui viene in contatto, riproducendolo fedelmente e mimandone i comportamenti. Tuttavia è diversa la sua reazione di fronte a Kane e di fronte a Lena. Se Kane si sacrifica e dice al suo doppio di uscire dall’Area X e trovare sua moglie, Lena trasmette alla creatura aliena il suo impulso autodistruttivo portandola ad annientarsi.
In conclusione, nessuno dei due è ciò che era prima di entrare nell’Area X. Il Kane che vediamo alla fine è un clone di quello vero, mentre Lena è profondamente mutata, dato che il suo DNA è stato rifratto e si è fuso con quello di altre forme di vita. Lo dimostrano i loro occhi: lo Shimmer è scomparso dalla regione attorno al faro ma continua a vivere in loro.
Sono due persone diverse e forse sono pronte a ricominciare da capo il loro rapporto, dopo averlo distrutto, il che ci riporta alla simbologia dell’Uroboro.
La domanda che resta aperta è se il contatto con lo Shimmer ha modificato la natura autodistruttiva dei due, prima di annientarsi, o se invece, da questo punto di vista, sono ancora uguali a prima. Inizierà un nuovo ciclo destinato a terminare, come quello precedente, o questa volta Lina e Kane riusciranno a non far crollare la loro relazione?

 

UN PROGETTO AMBIZIOSO 

Penso si sia compreso quanto Annientamento sia ambizioso nelle pretese. Garland dimostra ancora una volta che la fantascienza è il genere che meglio può affrontare temi filosofici e raccontare l’uomo.
AnnientamentoI punti di riferimento del regista sono molti e ben evidenti, dal già citato Tarkovskij al Kubrick di 2001 Odissea nello Spazio, del quale viene richiamata in particolare la celebre sequenza del trip.
Si notano poi i riferimenti ad Alien di Ridley Scott, specialmente in certe ambientazioni come la stanza sotto al faro.
Garland quindi si rifà ai classici della fantascienza, ai capisaldi che devono sempre essere presi in considerazione e che riesce ad omaggiare senza però limitarsi a una mera riproposizione di cose già viste.

Molto interessante è il fatto che la forma di vita aliena non sia connotata in modo negativo o positivo, non è né buona né cattiva, punta semplicemente a svilupparsi. Viene proposto un modello di forma extraterrestre originale e diverso da quello a ci hanno abituati film come La guerra dei mondi che tendono in un certo senso a far ragionare gli alieni in modo simile a quello umano, senza immaginare delle forme di vita completamente diverse da noi.

Annientamento

Sopra Alien di Rifley Scott, sotto Annientamento di Alex Garland.

Da questo punto di vista Annientamento si avvicina a Arrival di Denis Villeneuve, anch’esso caratterizzato da un diverso modo di affrontare il contatto con l’extraterrestre.

Nel complesso perciò credo che Garland sia riuscito a realizzare un ottimo film, curato nei minimi dettagli, seppure con dei difetti, uno su tutti gli effetti in CGI che spesso non sono all’altezza, causa sicuramente del budget ridotto. Fortunatamente la scena centrale, quella del faro, è convincente anche sotto questo aspetto.

Garland dimostra nuovamente di essere uno sceneggiatore e regista prezioso nel panorama fantascientifico contemporaneo, portando avanti la sua idea di cinema senza scendere a compromessi, realizzando un mind game film che richiede molteplici visioni per cogliere tutti i dettagli che rendono man mano più decifrabile la storia e il significato dell’opera.

 

 

Scritto da: Tomàs Avila.

 

Note:

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/New_weird

[2] http://deadline.com/2018/02/duncan-jones-interview-mute-netflix-qa-1202300224/

[3] https://www.theverge.com/2018/2/21/17029500/annihilation-ex-machina-director-alex-garland-sci-fi

[4] https://www.theverge.com/2018/2/21/17029500/annihilation-ex-machina-director-alex-garland-sci-fi

[5] https://it.wikipedia.org/wiki/Telomero#Estensione_dei_telomeri_e_cancro

[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Telomerasi

[7] https://it.wikipedia.org/wiki/Telomerasi

[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Rifrazione

[9] https://it.wikipedia.org/wiki/Uroboro

[10] https://www.youtube.com/watch?v=F22N7dMBgEo&t=204s